Una vita spericolata: recensione

Nell’Italia della crisi, dove per poter sbarcare il lunario non basta più svolgere un qualsiasi lavoro, è ovvio che la prima teoria ad uscire fuori è quella di ricorrere al crimine redditizio, un colpo che potrebbe sistemare chiunque si sia stufato di stare dalla parte del giusto e non vedere il becco di un quattrino; insomma un principio umano (o non) che potrebbe essere lo spunto per un qualsiasi film, una trama accattivante che possa strizzare l’occhio all’azione e alla commedia allo stesso tempo.

Ed è a Marco Ponti, autore del cult generazionale Santa Maradona e poi rodato regista di titoli di successo come Io che amo solo te e il sequel La cena di Natale, che tocca mettere mano su un’opera condensata di senso della risata e adrenalina action, nonostante operazioni del genere nel nostro panorama non vengano realizzate con una certa frequenza; quindi, parafrasando un noto successo di Vasco Rossi, ecco che Una vita spericolata prende il suo avvio, sfoggiando per protagonisti un trio di giovani interpreti ben noti, ovvero il Lorenzo Richelmy di Sotto una buona stella, l’Eugenio Franceschini di Sapore di te e la Matilda De Angelis di Veloce come il vento, volti manifesto di una generazione vittima di un sistema economico dall’andazzo altalenante, se non proprio disastroso.

Tutto comincia quando Roberto (Richelmy) decide di voler dare un’ennesima spinta in più alla sua professionalità chiedendo un prestito alla banca, ma mentre è nello stabile cercando di rimediare ciò che gli spetta, il ragazzo cade in un equivoco enorme; pistola alla mano, Roberto viene scambiato per un rapinatore, portandosi dietro per sbaglio una ricca somma che equivale a ben venti milioni di dollari.

Con l’aiuto dell’amico Bartolomeo (Franceschini) e prendendo in ostaggio Soledad Agramante (De Angelis), il nostro sventurato rapinatore comincia ad intraprendere un lungo viaggio verso la libertà, con a seguito una lunga scia di inseguitori, come la polizia e i malfattori detentori del ricco bottino.

Vero che nel cinema italiano non è solito miscelare le risate con notevoli dosi action, ma sembra che Ponti si sia sentito in obbligo di tale affronto, reo di aver già attuato tale esperienza con il malriuscito A/R: andata+ritorno; e malriuscito è anche questo Una vita spericolata, commedia atipica che mette in serbo una serie di elementi mal amalgamati e mal gestiti.

In primis abbiamo a che fare con una recitazione a dir poco ingestibile, negativamente parlando, che mette in avanti un trio insopportabile, pregno di stacchetti isterici e patetici allo stesso tempo, composto da Richelmy/Franceschini/De Angelis, e li pone al centro di una non-trama che cerca di sfruttare quante più cose possano rendersi utili nel momento (inseguimenti, nudi gratuiti, lo sfondo pugliese dato che i finanziamenti da là vengono); non dice bene neanche al gruppo di comprimari che compensano l’intero film, i quali vanno da un Massimiliano Gallo poliziotto dai metodi poco puliti ad una Michela Cescon in veste da villain, fino ad un Antonio Gerardi nostalgico del cinema western e ad un Gigio Alberti in versione paterna (è il papà di Bartolomeo), tutti penalizzati dalla debole regia di Ponti (stendiamo un velo pietoso sul cameo di Libero De Rienzo, attore caro al cinema pontiano).

Altra pecca non da poco è il basso livello di scrittura che sfoggia Una vita spericolata, poco incline a voler amalgamare comicità e violenza in modo adeguato e degno di nota, sbracando il tutto con dei gravi dislivelli emotivi che passano da una battuta (recitata male) ad un momento cruento (la tortura del direttore della banca) con fare veramente indecente e poco curato.

Voleva essere una action comedy, o un road movie in salsa italiana, oppure un pulp giovanile, ma alla fine Una vita spericolata è soltanto un’opera mal riuscita e difficilmente digeribile, peggio di un qualsiasi conforme e monocorde film italiano del caso, che sia un dramma o una commedia.

Mirko Lomuscio