The end? L’inferno fuori: recensione

Spazio stretto ed angusto per eccellenza, usato quindi per caratterizzare situazioni angoscianti e pervase di puro nervosismo, l’ascensore è sempre stato un luogo spesso utilizzato in un certo tipo di cinema virato al genere horror, sapendo quindi ricreare quella giusta atmosfera che possa delineare alla perfezione situazioni sconcertanti; è stato utilizzato a dovere in L’ascensore di Dick Maas per poi caratterizzare una parentesi di Demoni 2…l’incubo ritorna di Lamberto Bava, passando così per essere location principale in due opere di tensione come Devil di John Erick Dowdle e Piano 17 dei fratelli Marco e Antonio Manetti.

E proprio con questi ultimi due nomi nelle vesti di produttori che il giovane Daniele Misischia, autore dell’ horror End roll, porta sui grandi schermi un’invasione di infetti famelici, il tutto però visto da dentro un ascensore bloccato; titolo dell’opera The end? L’inferno fuori e la trama comincia dal punto di vista di un uomo in carriera, interpretato dall’Alessandro Roja di Romanzo criminale la serie, il quale comincia la sua giornata lavorativa dirigendosi ai suoi uffici, come gli è usuale fare.

Lui è Claudio Verona, uomo sposato da cinque anni ma dal codice morale molto discutibile, i suoi affari vanno a gonfie vele e la sua vita è soddisfacente quanto basta, se non di più, il tutto nonostante non sia una persona dedita alla pura bontà d’animo.

Prendendo l’ascensore nell’edificio dove svolge attività, rimane chiuso dentro e bloccato tra il sesto e il settimo piano; nell’attesa che i soccorsi arrivino qualcosa sta succedendo fuori, qualcosa di veramente apocalittico.

La gente fugge da altre persone che sembrano comportarsi in modo anomalo, sbranando ed uccidendo chiunque gli capiti a tiro, e a Claudio non rimane altro modo che scoprire cosa stia accadendo e come uscirne vivi.

La lotta per la sopravvivenza è cominciata e cercare di uscire da quell’ascensore sarà il primo dei pensieri.

Alla visione di un’opera come The end? L’inferno fuori viene subito in mente una teoria inevitabile a cui pensare, ovvero che nel cinema italiano, alla fine dei conti, le idee ci sono, soprattutto se ci rivolgiamo a quel tipo di intrattenimento non votato alla sola commedia e ai drammi esistenziali che intasano le nostre sale; l’opera di Misischia, che parte da uno spunto accattivante anche seppur utilizzato in parecchi frangenti, dimostra veramente spina dorsale in riguardo, gestendo questa pochezza di location e di interpreti in modo altamente diligente, seguendo una linea narrativa basata sul non mostrare e sull’utilizzo sapiente del solo audio (le chiamate esterne che Claudio effettua, tra cui la voce di Carolina Crescentini che ricopre il ruolo della moglie Lorena).

Con questo sistema The end? L’inferno fuori riesce a costruire la sua piccola apocalisse, dove però non verrà lesinato l’utilizzo del sangue e la presenza di mostruosi infetti (effetti speciali a cura della Makinarium di Leonardo Cruciano), strutturata in modo che anche il consistente script, firmato da Misischia stesso e Cristiano Ciccotti, possa giocare le sue cartucce e caratterizzazioni a dovere, utilizzando un Roja ben in parte per assecondare l’incuriosito punto di vista dello spettatore coinvolto nella visione.

A completare il cast anche la presenza di Euridice Axen nei panni di Marta, collega di lavoro di Verona, e Claudio Camilli, solito al cinema di Misischia e visto di recente in Peggio per me del fratello Riccardo Camilli, qui nelle vesti dell’eroico agente di polizia Marcello.

Horror ben calibrato e diretto col degno utilizzo della macchina filmica, The end? L’inferno fuori è un prodotto che andrebbe visto, non solo per alternare le poche scelte che permeano il nostro panorama italiota, ma anche perché stiamo parlando di un film completamente riuscito in tutto e per tutto, sia come prodotto di genere che come lungometraggio in sé.

Mirko Lomuscio