Storia di Lou: intervista esclusiva a Vincenzo Restivo

Vincenzo Restivo è uno scrittore e mediatore linguistico e culturale. Nel 1998 ha pubblicato per Gruppo Edicom edizioni il suo primo romanzo per ragazzi The farm.

Nel 2003 ha diretto il cortometraggio Yeux de sorcière, presentato al concorso Les petites lumières, riscuotendo un ottimo consenso da parte della critica.

Nel 2013 ha pubblicato con Watson edizioni, il suo secondo romanzo, L’abitudine del coleottero. Sempre con Watson edizioni, nel 2014 ha pubblicato il romanzo Quando le cavallette vennero in città e nel 2015 Il tempo caldo delle mosche, terzo e ultimo capitolo della Trilogia degli insetti.

Storia di Lou è il suo ultimo romanzo e narra la vita di Lou, un personaggio molto complesso, che porta dentro di sé l’insopportabile peso di un senso di inadeguatezza nei confronti del mondo e soprattutto del suo corpo, nel quale si trova profondamente a disagio. Lou, infatti, sta per Louis, perché all’anagrafe è un ragazzo. Ma dentro quel corpo maschile si nasconde Louise, la principessa della favola che le raccontava sempre sua madre Carla.

Per saperne di più, potete leggere, qui sotto, l’intervista all’autore.

 

Ha carta bianca e tre aggettivi per descriversi…

Empatico. Generoso. Permaloso

Mai senza?

Cellulare.

Cosa le piace leggere?

Leggo più che altro romanzi di formazione o quelle storie forti che hanno il coraggio di indagare nell’anima, senza filtri.  Adoro Ridley, la Vinci, Selvadurai, Ammaniti e Gutiérrez. Bella roba, insomma.

Se dovesse esprimere tre desideri?

Un lavoro redditizio. Il ritorno di un amore. La vita eterna per me e le persone a cui voglio bene.

La sua vita in un tweet?

Una corsa per la sopravvivenza

Ci parli del suo ultimo romanzo. A chi lo consiglierebbe e perché?

Storia di Lou è la storia di una ragazza transessuale, del suo sentirsi prigioniera in un corpo che non sente suo e in una realtà sporcata ancora troppo da un perbenismo di facciata. Un mondo  che non riesce a vedere al di là del proprio naso. Lo consiglio a chiunque si senta un po’ fuori posto, a chi non sente di appartenere a una normativa imposta, a un genere imposto, a colori imposti, a giocattoli imposti, letture, abiti, amori. Lou è dedicato a tutti quelli che hanno bisogno di respirare aria pulita.

Come nascono i suoi personaggi, vi è un collegamento con la realtà?

Credo che nulla si crei dal niente, tutto è già a portata di mano, sta solo lì, in attesa che qualcuno se ne accorga. E questo vale anche per i personaggi. I miei, in un modo o nell’altro, sono sempre attorno a me: è il ragazzino che viene deriso in classe perché grasso, la moglie devota che scopre che l’amante del marito è un uomo; la ragazza che vorrebbe partecipare a un concorso di bellezza nonostante la sua paraplegia. I miei personaggi sono quelli senza i quali  sarebbe tutto un’enorme asettica catena di montaggio. Un po’ come L’uomo a molla di Brancati, avete presente?

Le ambientazioni che sceglie provengono dal reale o sono anche una proiezione dell’anima?

Scrivo di realtà omettendo spazi definiti e temporalità. Lo faccio spesso e volentieri, ma non sempre. Ed è un modo come un altro per facilitare l’immedesimazione, giocare assieme al lettore. Dove potrebbe essere? In che anno ci troviamo? Ed è bello quando poi ognuno ritrova un pezzo di sé, che sia una strada, una stanza, una vecchia canzone…

Come può riassumere ai suoi lettori il suo romanzo? Qual è il messaggio che vuole trasmettere?

Il mio romanzo è diretto, vuole dire le cose così come sono, senza giri di parole. Spero che chiunque lo legga avrà, poi,  un po’ più di coraggio ad imporsi contro chi vorrebbe omologarlo, contro chi lo faccia sentire sbagliato perché gay, trans, disabile, contro chi intacchi il suo essere umano.  

È già al lavoro su un nuovo libro?

Ho un libro in uscita a marzo, tratterà di prostituzione minorile a Napoli. Sì, stavolta ho stravolto un po’ di cose, anche quella mancanza di spazialità e temporalità che connatura da tempo i miei scritti. Stavolta parlo di Napoli che è un po’ la mia città e in napoletano saranno anche i dialoghi. Un progetto che avevo in serbo da parecchio, un esercizio linguistico che mi ha messo tanto alla prova. Spero, in ogni caso, di essere riuscito nel mio intento.

 

Silvia Casini

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