Sognare è vivere: recensione

Tratta dal best-seller internazionale Una storia di amore e di tenebra dello scrittore israeliano Amos Oz, del 2004, e pubblicato in Italia da Feltrinelli, l’attrice Natalie Portman fa il suo debutto da regista e sceneggiatrice con la pellicola Sognare è vivere, di cui naturalmente è anche la protagonista.

La storia si basa sui ricordi di infanzia di Amos Oz (Amir Tessler), cresciuto a Gerusalemme durante gli anni della nascita dello stato di Israele, vivendo le fasi della guerra di indipendenza assieme al padre Arieh (Gilad Kahana) e la madre Fania (Natalie Portman), donna fragile e romantica del paese.

La sua è una famiglia ebrea come tante, fuggite dalla persecuzione nazista negli anni tra il 1930 e 1940, ma mentre il padre ha un misurato ottimismo nei confronti del futuro, la madre ha grandi aspettative, e sarà proprio la delusione di quest’ultime e l’insoddisfazione della vita matrimoniale, che le soffocheranno ogni libertà di espressione intellettuale, e che la faranno scivolare nel baratro del non ritorno, della solitudine e della depressione, costringendo Amos ad assistere alla sua fine, incapace di aiutarla.

La pellicola si concentra sui tumulti interiori di Fania, dovuti agli imminenti cambiamenti politici e alle frustrazioni di una vita familiari chiusa colma di difficoltà, che si ripercuote inevitabilmente sul rapporto con il figlio, adorato e amato, mostrandoci tutte le varie fasi di questa triste e tragica evoluzione.

La visione incantata che Fania ha della vita si scontra duramente con la realtà, ed è in netto contrasto con l’approccio pratico e concreto del marito.

La buona descrizione del contesto storico permette di comprendere il clima dell’intero racconto, così come la ricostruzione dei piccoli spazi della casa contribuisce non solo a rendere meglio l’idea delle condizioni di vita di quel periodo, ma a evidenziare perfettamente il profondo smarrimento interiore di Fania, in una crescente e logorante agonia che la porterà alla morte.

La fotografia di Slawomir Idziak riflette perfettamente il clima di tensione.

Tuttavia, malgrado la grande sensibilità e profondità dell’interpretazione della Portman, Sognare è vivere risulta essere una pellicola a tratti troppo pesante, lenta e monotona, e non riesce a coinvolgere completamente lo spettatore sia a livello visivo che emotivo.

 

Emanuela Giuliani

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