Io danzerò – La danseuse: recensione

Stèfanie Di Giusto, conosciuta con il nome d’arte Paf le chien, aprirà il prossimo Biografilm Festival-International Celebration of Lives che si terrà a Bologna e che quest’anno dedicherà particolare attenzione al tema della danza, con la sua opera La danseuse, in arrivo nelle sale italiane il 15 giugno.

La regista porta alla luce la vera storia di Loïe Fuller, ragazza del grande ovest americano, protagonista della Parigi dei primi del  Novecento, che rivoluzionò le arti sceniche, con la sua ipnotica danza la “Serpentine Dance”, con la quale, circondandosi di luci elettriche colorate e avvolta da metri di seta, sorprendeva e catturava il pubblico.

Loïe, interpretata egregiamente dalla eclettica Soko, spinta dall’ambizione di diventare una stella della danza, andò in Francia, dove si affermò trovando il tanto osannato e desiderato successo, e ottenendo la consacrazione definitiva All’Opera di Parigi.

Ammirata da Toulouse-Lautrec, Rondin e i fratelli Lumière, sul palco esprimeva tutte le sue emozioni, i sentimenti e i turbamenti trasformandosi in loro, scrollandosi di dosso le oppressioni della società gretta e cupa in cui viveva.

Loïe danzava per sentirsi veramente viva. I suoi movimenti frenetici trasmettevamo rabbia, passione, gioia e sofferenza, facendola somigliare ora a una farfalla ora a fiamme di fuoco, abbattendo i blocchi mentali ed interiori fin quasi ad autodistruggersi.

Gli estenuanti allenamenti a cui si sottoponeva per migliorare e rendere perfetta la sua performance, e l’impegno psichico che richiedeva per esprimere la sua anima, erano valorizzati da sorprendenti giochi di luce per cui erano necessari, per suo volere e ordine, la presenza sul palco di venticinque tecnici.

Loïe aveva trovato in questa arte la sua via di fuga, perché non solo si sentiva prigioniera in un corpo che lei rifiutava, poiché, avendo la corporatura robusta della ragazza di campagna, era nettamente in contrasto con i canoni di bellezza tipici della Belle Epoque, ma anche dalle rigide imposizioni materne, donna timorata di Dio estremamente austera, da cui si era ritratta in seguito alla morte violenta del padre.

Attraverso il suo modo di muoversi riuscì finalmente a immergersi in se stessa senza pensare all’oscurità del mondo circostante. L’approccio e il rapporto ambiguo con l’amore, incarnato da due differenti figure, quella di Louis (Gaspard Ulliel), uomo dall’animo dannato dai suoi stessi tormenti, e Isadora Duncan (Lily-Rose Depp) ballerina, di grande sensibilità in cui aveva riposto tutte le sue speranze, offuscarono il suo cammino. Infatti, fu proprio quest’ultima a creare una profonda crisi in lei, aumentandone le paure: di soffrire, di mostrare quel lato fragile e femminile della sua anima in cui regnavano debolezze dubbi e insicurezze.

Un’artista all’avanguardia che fece depositare una decina di brevetti per l’esclusività della sua danza serpentina, basti pensare che per la realizzazione del suo costume furono necessari 350 metri di seta e, quindi, l’utilizzo di una vera e propria formula matematica, così come per perfezionare gli effetti luce studiò e lesse un enorme quantità di libri, tra cui Edison e l’astronomo Flammarion.

Grazie anche alla ricostruzione scenica accurata e minuziosa, La danseuse risulta una buona opera filmica, intensa, affascinante e pregna della giusta dose di coinvolgimento emotivo.

Emanuela Giuliani

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