Smile: recensione

Tante volte il cinema horror, come ci è molto chiaro da qualche tempo, si incentra su storie che riguardano maledizioni trascendentali, capaci di divenire una vera e propria leggenda urbana che danno sempre quel senso di veritiero tra le righe delle loro trame creative; un esempio su tutti è il giapponese The ring di Hideo Nakata, del 1997, la cui storia (ispirata ad un libro di Koji Suzuki) parlava di una vhs maledetta tramandata di persona in persona, richiamando a se una forza demonica capace di uscire dal televisore dopo sette giorni che è stata visionata.

Da qui vennero poi realizzati una serie di lungometraggi incentrati sulla paura di determinate superstizioni e gli effetti che vengono fuori se toccati dalle maledizioni che le uniformano; un continuo ricreare paure e orrori che hanno portato, almeno fino al 2014, a recenti pellicole come It follows di David Robert Mitchell, dove l’angoscia veniva trasmessa tramite un maledizione concessa attraverso del sesso prematuro.

Oggi, 2022, è l’esordiente Parker Finn a ingegnarsi una storia all’altezza della situazione con il suo Smile, decidendo di portare questo argomento di terrore trascendentale nel campo dei suicidi e parlando di una maledizione che si tramanda tramite l’atto di auto uccidersi delle persone, e mentre lo fanno sfoggiano un inquietante sorriso.

Tutto comincia quando la dottoressa Rose Cotter (Sosie Bacon) riceve nella propria clinica una ragazza di nome Laura Weaver (Caitlin Stasey), la quale porta con sé una spaventosa testimonianza e gli effetti di una tragico maleficio.

Inizialmente incredula, Rose si renderà ben presto conto che la sventurata paziente annida un qualcosa di incontrollabile, facendosi coinvolgere in uno sventurato vortice di orrore fatto di inquietanti visioni e persone che inspiegabilmente si suicidano, e mentre lo fanno si stampano sul volto un sorriso agghiacciante.

Non proprio un’opera che sfoggia originalità sin dalle prime righe della sua trama, Smile di Finn ha però un pregio non da poco che si mostra nella sua narrazione, fatta di un crescendo in tensione e suggestione ben sorrette dalle spaventose visioni della Rose di Bacon.

Appoggiandosi su questi determinati momenti più vari jump scare ben gestiti, questo horror moderno sconcerta negli intenti e riesce a trasportare lo spettatore al centro dell’argomento principale, cioè creare una sorta di analisi della mente suicida, e lo fa portandoci all’esaurimento con l’avanzare della visione e delineando alla perfezione tale scopo, innanzitutto tramite scene al cardiopalma e visioni dal taglio originale, seppur nel complesso trattasi di horror modestissimo.

Con queste evidenti intenzioni allora Smile può considerarsi un’opera parecchio riuscita sotto un certo aspetto, non originale certo, ma conscia del voler descrivere un aspetto analitico legato all’argomento “suicidio” e che sotto metafora ne costruisce un orrore incisivo e profondo.

Questo guizzo creativo fa un po’ la differenza in Smile, non roba da poco visto il vuoto su cui ruota il cinema moderno, ed il che lo rende consigliabile a chi è in cerca di brividi originali e , a loro modo, indimenticabili.

Mirko Lomuscio