Si muore tutti democristiani: recensione

Prima Maccio Capatonda (Italiano medio e Omicidio all’italiana), poi The Pills (Sempre meglio che lavorare) ed infine The Jackals (Addio fottuti musi verdi); ognuno di questi gruppi comici, celebrità del regno virale dove hanno spopolato con le loro gag video, ha avuto modo di poter portare su grande schermo la propria verve comica, realizzando dei lungometraggi che alla fine non hanno avuto quel seguito all’altezza della situazione, cioè senza eguagliare il successo ottenuto magari per mezzo di canali come YouTube.

A loro si accoda adesso il collettivo che ha il nome de Il Terzo Segreto di Satira, un gruppo di autori composto da ben cinque teste e che nel regno di internet ha fatto parlare di sé; loro sono Pietro Belfiore, Davide Bonacina, Andrea Fadenti, Andrea Mazzarella e Davide Rossi, ed il loro operato da amanti della risata graffiante ha creato una piccola gloria al loro cospetto, consentendogli di apparire in programmi tv come Blob, Ballarò e Che tempo fa.

Seguendo una tradizione comica che ormai li ha segnati, scelgono per la loro opera prima un titolo che non lascia nulla al caso, Si muore tutti democristiani, mettendo sin da subito in chiaro il livello di satira a cui lo spettatore dovrà andare incontro; a sostenerli in qualità di guest star troviamo nomi come Valentina Lodovini, Paolo Rossi, Francesco Mandelli, Claudia Potenza, Augusto Zucchi, Peter Gomez, Lilli Gruber, Andrea Scanzi e Cochi Ponzoni.

Il film è la storia dei tre filmaker Stefano (Marco Ripoldi), Fabrizio (Massimiliano Loizzi) ed Enrico (Walter Leonardi), un gruppo di giovani artisti che per andare avanti realizza filmini matrimoniali e piccole clip promozionali, pur di mantenere la propria passione al cospetto di un certo livello professionale, nonostante quest’ultimo tarda a farsi notare.

L’occasione arriva quando a loro viene proposto di realizzare un documentario per una onlus che tratta nella fame del mondo, incaricando i tre ad andare in Africa sotto lauto compenso.

La cosa sin da subito si dimostra essere il momento che da molto aspettavano, ma quando Stefano, Fabrizio ed Enrico vengono a conoscenza di cosa davvero si nasconde dietro questa proposta allora cominciano i veri guai, e le amicizie si incrinano davanti ad un arduo quesito; quanto sei disposto a perdere pur di guadagnare soldi non propriamente puliti?

Come già consolidato dalle esperienze dei nomi succitati, il passaggio dal regno di internet a quello del grande schermo non sempre ha portato fortuna a loro, confermando che tale passaggio è molto più complicato di quello che sembra, forse testimoniato dalla poca conoscenza in fase di risate per quanto riguardano ritmi e tempi (una cosa è far ridere in dieci minuti, un’altra in un’ora e mezza).

Non sono da meno davanti a questa teoria neanche i ragazzi de Il Terzo Segreto di Satira che, a differenza dei loro colleghi, puntano a voler portare al cinema un’opera dal respiro graffiante e la messa in scena meno demenziale, raccontando una trama che possa portare sul palmo della mano il concetto di “difesa dei propri ideali” ai giorni d’oggi.

I risultati vacillano mostrando (pochi) pregi e (parecchi) difetti in mezzo ad un racconto che narra tre storie parallele; quella di Stefano/Ripoldi sposato con la figlia di un ricco imprenditore immobiliare, quella di Enrico/Leonardi che attende un figlio dalla compagna e quella di Fabrizio/Loizzi che rimpiange le scelte di una vita passata, tentando di tirare le somme nella miglior satira sociale, ma senza fare i conti con un ritmo e un coinvolgimento emotivo che purtroppo si fanno sentir poco.

Quindi a ridere si ride di rado e in modo stiracchiato, qualcosa è riservato per l’ideologia di fondo, in modo che possa anche far pensare, ed in più in fase di scrittura qualche idea c’è (scritto dai registi stessi assieme all’esperto in script Ugo Chiti), ma Si muore tutti democristiani è l’ennesima conferma che il regno del web non sembra avere le qualità per il grande salto al cinema, almeno finché si tratterà di lasciare a briglia sciolta i suoi autori; se solo si facessero dirigere da mani più esperte magari qualcosa potrebbe migliorare in riguardo.

Mirko Lomuscio