Non avere paura di amarmi: recensione

Da lettrice onnivora di libri quale sono, non ho molti problemi a leggere di qualsiasi argomento (tranne l’horror forse, ma perché sono una fifona cronica), quindi non storco di certo il naso di fronte a un libro cosiddetto “rosa”, o “romantico”.

Trovo che questa tematica, ossia l’amore, il rapporto di coppia, lo sbocciare di una relazione, sia un argomento trasversale, perché tratta dei sentimenti e i sentimenti sono in ogni storia, in ogni persona è in ogni tempo uguali a se stessi.

Occorre però trattarli con la dovuta attenzione, presentare bene i personaggi, far calare il lettore nel loro intimo sentire, senza scadere nel classico cliché dei romanzi romantici, dove la fanciulla, bella e un po’ sfigatina, si innamora del fantasmagorico belloccio, intelligente, facoltoso, ombroso (che non guasta mai), e lui guarda caso ricambia, ricambia SEMPRE.

È quello che succede qui, e non sto dicendo sia un male, altrimenti se non ci fossero sentimenti ricambiati che storia d’amore a lieto fine sarebbe?

Però, c’è un però, c’è modo e modo di descrivere le situazioni, come dicevo prima, e qui, in questo romanzo io purtroppo non mi sono identificata, al contrario, semmai alcuni passaggi mi sembravano inverosimili, o adatti ad una scrittura adolescenziale per quanto semplice e scontati.

Ci sono molti modi di descrivere l’amore e l’innamoramento, e certo descrivere qualcuno come “l’uomo vampiro” dalle prime pagine, indugiando sul fatto che la protagonista appena ne incrocia lo sguardo cada in brodo di giuggiole letteralmente, non ha senso. Ne avrebbe se parlassimo di personaggi quindicenni, non quasi trentenni, con un passato doloroso alle spalle.

Lei ha perso i genitori da giovane per un incidente, lui è stato abbandonato dalla compagna quando avevano una figlia di pochi giorni da crescere insieme.

Questo sicuramente dovrebbe porrei protagonisti a comportarsi in maniera più matura e più cauta, l’autrice lo scrive spesso, ma io tutta questa profondità di introspezione e di consapevolezza l’uno dell’altro non l’ho ravvisata nel libro, forse gioca a suo sfavore lo stile è la scelta della prima persona e dei salti temporali di narrazione che rendono tutto più confuso, sfumato e non molto incisivo.

Ho trovato anche diversi refusi, di cui uno piuttosto madornale, per chi ha mai partorito e sa di cosa sto parlando.

In un passaggio si dice che la compagna ventenne del protagonista, Alessandro, quella Jessica che poi lo mollerà, sta per dare alla luce la loro unica figlia, insomma sta per partorire.

«Che dolore Ale, è ancor peggio di quello che pensavo». «Vieni qui», le dico, «girati così posso massaggiarti la schiena, proprio come ci hanno insegnato al corso preparto». Lo faccio, ma non funziona. E questo perché non riesce assolutamente a stare ferma a causa del dolore. Poi, ad un certo punto, una cascata improvvisa proprio sulle mie scarpe.

L’ostetrica entra, pulisce alla bell’ e meglio con dello scottex e la fa sdraiare sul lettino per visitarla.

«Quindici centimetri, molto bene, puoi iniziare a spingere se te la senti, non ci vorrà molto e se resisti un pochino non avrai neppure bisogno dell’epidurale.

C’è giustamente un clima concitato, ma questo è davvero un errore grossolano, che con un minimo di informazione si sarebbe potuto evitare.

La dilatazione massima durante il travaglio/ parto è di DIECI cm non QUINDICI cm, come scritto qui e posso confermarlo, avendo partorito non molto tempo fa.

Oltre a questo c’è una scrittura molto acerba, certo è uno stile che mira a voler far sorridere e catturare l’attenzione, è molto colloquiale, ma il più delle volte ho faticato a capire quale fosse la narrazione vera e propria e Quali che fossero i pensieri dei personaggi. Questo perché il testo non viene segnato in corsivo, come d’uso solito per le riflessioni dei personaggi, ma viene lasciato come il resto del testo, creando non poco confusione alla lettura.

C’è anche una debolezza nella trama, un voler dire troppo, che poi si sgonfia come un palloncino.

Non ha senso far capitare alla protagonista due lutti gravi come quello descritto prima, se non per forzare la reazione in una direzione.

Mi è sembrato troppo. E anche inverosimile, oltre che triste.

La protagonista perde in genitori in passato, e poi nel presente la sorella col cognato, quando quest’ultima aveva appena messo al mondo due gemelli?

Troppo davvero.

In conclusione, poteva essere molto, ma molto meglio gestita come storia.

Invece sembra una brutta copia di Twilight e di una storiella d’amore senza capo né coda.

C’è del potenziale, ma andrebbe rivisto da capo a piedi.

Non la consiglio come lettura, a meno che non amiate le storie scontate e pseudo drammatiche, con sguardi svenevoli e luoghi comuni a iosa.

 
Samanta Crespi
 
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