Mamma mia! Ci risiamo: recensione

Ben dieci anni sono passati dall’exploit sui grandi schermi del musical Mamma mia!, opera tratta da un successo teatrale che a suo tempo fu ispirato alle canzoni dei mitici ABBA, quartetto svedese che ha fatto proseliti con i suoi pezzi ancora cantati e suonati in giro per il mondo; nel film vedevamo una scatenata Meryl Streep, nei panni di Donna, gestire un albergo sito in una fantastica isola greca per poi prepararsi al matrimonio della figlia Sophie, interpretata da Amanda Seyfried, la quale nel frattempo deve capire quale tra tre uomini (interpretati da Pierce Brosnan, Colin Firth e Stellan Skarsgård), vecchi amori di sua madre, sia il vero padre.

Oggi, dopo aver racimolato soldi con quel successo diretto da Phyllida Lloyd, si è deciso di voler dare un seguito, raddoppiando magari la dose di allegria e sentimentalismo che già col primo film era stata mostrata degnamente, quindi, uscita di scena la Streep (causa un decesso improvviso, ma il tempo per un fugace cameo se lo concede ugualmente), ecco che il medesimo cast torna a farsi vedere in questo Mamma mia! Ci risiamo, diretto da tale Ol Parker (Imagine me & you, sceneggiatore dei due Marigold Hotel), proseguimento voluto a gran richiamo dai fans in giro per il mondo, intenti a voler intonare a voce alta, nel contesto di una sala cinematografica, le canzoni degli ABBA.

Preso in gestione il vecchio albergo di Donna, ormai tragicamente scomparsa, Sophie lo restaura e si accinge a preparare una grande festa inaugurale, anche in onore dell’amata madre, invitando così tutte le conoscenze importanti che hanno fatto parte della sua vita.

E nel mentre la ragazza rivive i ricordi giovanili della mamma (interpretata per l’occasione da Lily James), la quale, nel 1979, dopo essersi laureata, si aggira per l’Europa facendo l’incontro dei tre uomini della sua vita: Harry (Hugh Skinner), Sam (Jeremy Irvine) e Bill (Josh Dylan).

Ma l’arrivo in una zona bellissima e incontaminata come la Grecia spingerà Donna a dover rimanere e creare una sua famiglia, anche con l’aiuto delle amiche Rosie (Alexa Davies) e Tanya (Jessica Keenan Wynn), cercando di regalare tutta la felicità da lei vissuta a quella figlia che le sta per nascere.

Prodotto voluto a gran voce per via del successo ottenuto da quel primo film del 2008, Mamma mia! Ci risiamo è una pellicola che sinceramente non ha gran motivo di esistere, dato che, oltre a riutilizzare gran parte dei brani degli ABBA già presentiti nel capostipite, la trama si regge quasi sul nulla.

Infatti, al di fuori del lungo flashback con una giovane Donna, resa da una James che con la Streep ha ben poco da spartire in somiglianza, nient’altro c’è da notare in questo sequel, che al massimo si sforza a riunire un cast con facce vecchie e nuove di questo franchise; ai già confermati Seyfried, Brosnan, Firth, Skarsgård, più Christine Baranski, Julie Walters e Dominic Cooper del primo capitolo, si aggiunge anche la presenza di un’accoppiata come Andy Garcia (è l’ispanico Fernando) e Cher (è Ruby, la nonna di Sophie), messi tanto per fare contorno di classe ed incastrati in uno spettacolo sfarzoso di colori e note musicali disco-pop.

A far da riempimento ovviamente i successi del grande quartetto svedese: Dancing Queen, Thank you for the music, Super trouper, Waterloo, One of us, I have a dream, Fernando, I’ve be waiting for you e naturalmente il brano che dà il titolo al lungometraggio, ed il che spinge davvero a chiedere il perché sia stato concepito questo sequel innocuo, a tratti anche insulso, dato che la gran parte è già stata proposta nel primo Mamma mia!.

Cosa ancor più stucchevole è il livello di superficialità alla base di alcune idee (Cher nonna di Sophie, quindi madre della Streep, nonostante tra le due attrici ci siano solo tre anni di differenza), un dettaglio che veramente lascia pensare come questa operazione sia stata concepita sotto ogni tipo di superficialità professionale.

Al massimo con Mamma mia! Ci risiamo potrete sgomitare e cantare a squarciagola (di nuovo) i successi che tanto amate della disco-dance svedese, ma se vi aspettate un qualcosa che si avvicini almeno di poco all’originalità sappiate che vi state veramente sbagliando.

Mirko Lomuscio