L’uomo sul treno: recensione

Torna l’action man del cinema d’intrattenimento, tra virgolette, più ragionato; torna Liam Neeson, colui che alla minaccia “io vi troverò” ha dato un seguito alla sua carriera di interprete a tutto tondo, passando da pellicole impegnate come Schindler’s list – La lista di Schindler e Michael Collins a opere d’intrattenimento come la trilogia dedicata al superpapà Brian Mills (Io vi troverò e sequel appunto) o come A-Team.

Stavolta il nostro attore di origini irlandesi si cimenta in nuovo thriller adrenalinico, facendosi dirigere per la quarta volta dall’esperto in materia Jaume Collet-Serra, dopo averci lavorato in Unknown – Senza identità, Non-Stop e Run all night – Una notte per sopravvivere; con L’uomo sul treno la loro collaborazione ci porta nei meandri di una trama ed un’ambientazione dagli echi hitchcockiani, stando già a quanto dice il titolo, che ci suggerisce come l’intera storia del lungometraggio si ambienti esclusivamente dentro un convoglio a vagoni.

Neeson è l’ex-agente di polizia Michael MacCauley, un uomo sposato e con figlio che ogni giorno prende il treno per andare al suo attuale lavoro d’ufficio, un tragitto che effettua da ben dieci anni di seguito; questo fino a quando non viene di punto in bianco licenziato, lasciando così Michael con una serie di interrogativi sul suo futuro.

Ma è proprio prendendo il treno per il ritorno a casa che una risposta gli viene data; avvicinato da una donna misteriosa (Vera Farmiga), gli vengono offerti 100.000 dollari se riesce a trovare tra i passeggeri una specifica persona.

Il tempo stringe e l’uomo dovrà fare il tutto e per tutto per portare a termine la missione, ma più la cosa andrà avanti, più c’è il rischio che la famiglia di Michael possa venire minacciata seriamente, e questo il nostro ex-poliziotto non potrà mai permetterlo.

Prodotto giocato sullo spazio/tempo utilizzato nel corso della sua durata, L’uomo sul treno è un thriller che prende pian paino per la gola lo spettatore, senza lasciarlo mai andare dal totale coinvolgimento e trattenendolo in questo lungo tragitto fatto di sorprese e risvolti di sceneggiatura, non proprio imprevedibili, ma funzionali alla causa del tutto.

L’accoppiata Neeson/Collet-Serra si mette sotto nell’inscenare come meglio possono l’intero film, il primo caratterizzando il suo uomo comune munito di “alcune doti particolari”, il secondo giocando con la macchina da presa quando può e quando serve (piani sequenza durante lotte sanguinose, montaggio al servizio di un gioco di tensione ben calibrato), esplodendo verso la fine in un qualcosa di spettacolare che non manca di lasciare inchiodati alla poltrona.

Certo L’uomo sul treno non è perfetto in tutto e per tutto, tant’è che il coinvolgimento gratuito di nomi come la Farmiga stessa, più Patrick Wilson e Sam Neill, getta la costruzione un po’ sul banale, ma il mestiere di Collet-Serra si fa ben sentire e la visione del film scorre con i giusti guizzi creativi, degni del miglior cinema di Alfred Hitchocock, ma anche memori di qualcosa meno memorabile e ben lontano dal cinema del maestro della suspense (uno su tutti Speed di Jan De Bont), perché pur sempre di un prodotto d’intrattenimento stiamo parlando.

Mirko Lomuscio

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