Le grida del silenzio: recensione

Dal calderone dell’infinito mondo del cinema indipendente italiano, l’unico che possa guardare allo spettacolo di genere con qualche idea minima ma buona, ecco spuntare un piccolo film come Le grida del silenzio, un thriller dai toni soprannaturali che cerca di sfruttare appieno quel poco impatto scenico che si ritrova nella propria esile trama.

Esordio alla regia di Sasha Alessandra Carlesi, giovane autrice già al servizio di videoclip e cortometraggi, questa pellicola è l’unione di alcune piccole realtà produttive, dedite al rilancio del cinema più sperimentale possibile; ad interpretare questo film di ambientazione rurale, tra gli alberi di una foresta sperduta, troviamo un pugno di giovani attori come Alice Bellagamba, Luca Avallone, Manuela Zero, Roberto Calabrese, Ana Cruz, Martina Carletti e Luca Molinari, a cui fanno capolino le partecipazioni di Beppe Convertini, Cosette Turco, Lucia Batassa, Roberta Garzia, Gegia, Eleonora Cecere e Patrizia Pellegrino.

La trama di Le grida del silenzio segue le gesta di un gruppo di amici, frequentatori di un centro benessere e fitness; loro sono Desirèe (Bellagamba), Luca (Avallone), Sophie (Zero), Daniel (Calabrese), Alice (Carletti), Manuel (Molinari) e Kathrina (Cruz), ed insieme hanno deciso di andare a passare un po’ di tempo assieme in un bosco, campeggiando con le tende in mezzo alla natura.

La situazione li porterà in una divertente escursione, tra passatempi a base di sesso e vizi vari, ma tutto ciò verrà poi mutato in qualcosa che va ben oltre l’inaspettato, coinvolgendoli con una realtà che mai avrebbero immaginato.

Con premesse che guardano al cinema di genere più velato possibile, cioè aggrappandosi anche ad una messa in scena prototelevisiva ai massimi livelli, Le grida del silenzio è un lungometraggio che a suo modo riesce ad articolare un proprio discorso, salvo però appiattire il tutto con una totale assenza di enfasi narrativa.

Parlano e blaterano i protagonisti di quest’opera, scambiano opinioni e provano sentimenti a vicenda, chi bene e chi male, e ciò viene orchestrato anche in modo egregio dall’esordiente Carlesi (autrice anche della sceneggiatura), rendendo chiare le psicologie dei suoi personaggi, salvo però rovinare parte dell’operato con ambizioni strutturali, come l’inserimento di parentesi all’apparenza chiarificatrici e che invece risultano solo essere fini a stesse (quelle che riguardano la Batassa, il fidanzato geloso di Kathrina e le posizioni yoga di Alice).

In conclusione c’è anche la voglia di gettarla sul metafisico, con esiti anche rispettosi, solo che l’eccessiva autocompiacenza porta Le grida del silenzio in ambiti poco appropriati, rasentando il ridicolo con quell’epilogo, sì motivato, ma fin troppo concitato, che davvero non viene aiutato dall’impatto da fiction televisiva che si porta dietro l’intero svolgimento del film.

Praticamente siamo alle prese con un prodotto che aleggia tra il cinema alla M.Night Shyamalan e la messa in scena stile 100 vetrine, con i suoi (pochi) pro e (parecchi) contro.

Mirko Lomuscio