La voce delle cose perdute: recensione

La voce delle cose perdute di Sophie Chen Keller è un romanzo piuttosto particolare, che ha come protagonista un ragazzino, Walter Lavender, che porta lo stesso nome del padre scomparso prima che lui nascesse, e che ha il talento di ritrovare le cose perdute, osservando dettagli, connessioni, trame invisibili, che ad altri sfuggono.

Sfortunatamente oltre a questa abilità, il protagonista scoprirà sin da bambino, di essere affetto anche da un particolare disordine del linguaggio, tale per cui, Walter, ha difficoltà ad articolare parole, o frasi, pur comprendendone pienamente il significato.

Come si può ben intuire la vita di questo ragazzino, che vive solo con la madre e la aiuta nel negozio di pasticceria, non è stata affatto facile per i primi anni.

Deriso ed emarginato da tutti come stupido, o sordo, solo perché è un tipo silenzioso, Walter impara a stare in solitudine a fare delle sue osservazioni acute, e delle sue ricerche, uno scudo contro il mondo e la sua indifferenza.

Le cose sono destinate a cambiare per Walter, quando un prezioso libro, il libro, oggetto mascotte della pasticceria di Lucy, sua madre, scompare misteriosamente mettendo a rischio di fallimento il negozio che tutti adorano, dai dolcetti magici e vivi.

Il ragazzo dovrà mettere a frutto tutta la sua abilità di cercatore di oggetti smarriti per ritrovare il libro, ed evitare la chiusura del locale, che oltre a essere l’attività di famiglia, è come una casa per lui e per chi ci lavora. Per farlo dovrà uscire dai soliti schemi e “rischiare”. Walter conoscerà persone, farà esperienze, troverà il coraggio di affrontare le proprie paure, ma soprattutto scoprirà di avere una voce, “la sua voce”,malferma, ma comunque forte.

Il tutto accompagnato dal fedele cane Milton, anche lui uno degli “smarriti”, che in realtà nessuno voleva più ed è stato adottato da Walter.

Questo libro insegna che non è mai troppo tardi per mettersi in gioco, che basta uscire anche di poco dalla propria zona di sicurezza, per scoprire che la vita ha tanto da dare, certo mettendoci alla prova, ma anche mostrandoci lati di noi stessi che non pensavamo di possedere.

Questo è quello che succede al protagonista dodicenne Walter, il quale affronta un vero e proprio balzo di crescita personale e alla fine ne uscirà più forte, più consapevole, e più felice, addirittura riscoprendo il piacere di parlare, di dialogare con qualcuno.

Il finale è un po’ scontato, ma trovo che questa storia non poteva che concludersi positivamente, visto il messaggio di speranza insito nel testo.

 

Samanta Crespi

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