La prima notte del giudizio: recensione

Nel cinema ogni saga ha un inizio, ogni inizio mette in chiaro ciò che ha scaturito quella scintilla che ha dato vita ad una storia di successo; questo è quello che sta succedendo con La notte del giudizio, trilogia che ha fatto clamore per la sua intricata trama ambientata in un futuro dove, grazie ad alcune norme governative, sarà possibile sfogare negli Stati Uniti il proprio istinto omicida in una sola notte, senza andare contro alcuna legge.

Tale spunto, nato dal creatore assoluto del tutto James DeMonaco – regista e sceneggiatore dell’intera trilogia -, vede ora essere sviluppato in un prequel che dovrebbe mostrare l’alba di questa era votata alla (auto)distruzione dei più deboli, in modo da approfondire questo splendido punto di vista critico di un paese, quale è l’America attuale, che sarebbe potuto nascere a suo tempo anche dalla mente geniale di un George A. Romero o John Carpenter di turno.

Quindi in La prima notte del giudizio, che DeMonaco si limita a scrivere e poi produrre assieme a Jason Blum (Paranormal activity, Insidious, Whiplash) e Michael Bay (Transformers, The rock), lasciando così il timone di regia a tale Gerard McMurray, assistiamo all’esordio di questa “notte dello sfogo”, inizialmente pensato come esperimento da attuare nella sola Staten Island, lasciando il tutto in balia ad una società meno abbiente e popolata per lo più da abitanti di colore.

Tra questi c’è lo spacciatore Dmitri (Y’lan Noel), un uomo dalla fama molto nota nel luogo, che non intende assecondare veramente questa iniziativa governativa, proprio come la sua ex-ragazza Nya (Lex Scott Davis), in continua lotta contro le leggi che consentiranno questo massacro a cielo aperto.

Ma il tempo avanza e quando la fatidica notte arriva, consentendo ben 12 ore di assoluta anarchia criminale, per loro non rimarrà altro che riuscire a trovare una via di salvezza, sperando che tale iniziativa non prenda più piede nel prossimo futuro.

Dopo aver aperto le danze con un primo capitolo ambientato interamente in una casa, per poi districarsi tra le strade violente della città nei capitoli due e tre, la saga de La notte del giudizio ha pensato bene di tornare indietro nel tempo per mostrare una genesi che magari molti avrebbero voluto conoscere meglio; certo, a parte qualche dettaglio che mostra i dietro le quinte delle menti che hanno generato questa “notte dello sfogo” (tra cui c’è anche Marisa Tomei), questo La prima notte del giudizio non sembra voler dire più di quanto è stato fatto finora, e si adegua quindi sulla solita trama fatta di inseguimenti e scontri ideologici nel mezzo di questa folle corsa notturna verso la salvezza.

Rimane sempre affascinante il modo in cui l’idea di DeMonaco si districhi verso altri ingegnosi modi per gettare fango sul sistema governativo americano (e non solo), e anche nell’opera di McMurray tale espediente viene gestito degnamente, generando così un nuovo capitolo che possa ondeggiare tra il sociale e l’intrattenimento, in mezzo a lotte di classe marchiate col sangue e giochi stilistici che vanno dall’horror (una buona prima parte rimane ancorata su tale genere) all’action (tutta la resa dei conti fatta a suon di armi pesanti ed esplosivi), con una massiccia dose di black power che di questi tempi non fa mai male (basta vedere i fasti di Scappa – Get out che Blum stesso ha prodotto con successo).

Alla fine dei giochi potrebbe sembrare un capitolo inessenziale questo La prima notte del giudizio, però rimane di fatto che non si può fare a meno di notare come il tutto sia appartenente ad un altro livello di spettacolo, grazie innanzitutto a quell’idea di fondo creata da DeMonaco, che da sola vale almeno altri capitoli da realizzare per almeno un lungo periodo; casualità è in uscita anche una serie tv ispirata La notte del giudizio, ed il che lascerebbe pensare al perché è venuta voglia di realizzare questo prequel, ma senza limitare il tutto a tale mera motivazione.

Mirko Lomuscio