Io c’è: recensione

Facendo mente locale, ripensando all’opera precedente di un regista come Alessandro Aronadio, cioè la piccola commedia fenomeno di poco tempo fa intitolata Orecchie, a memoria viene da ricordare un momento del film che riguarda l’inserimento di alcune suore che irrompono nell’appartamento del giovane protagonista, interpretato da Daniele Parisi.

Quell’istante mette bene in chiaro la visione del nostro autore riguardo al vasto mondo della religione, fatto di regole e comandamenti che sono anche oggetto di libero sarcasmo, sempre ben accetto quando si tratta di fare il punto su determinate mentalità.

Ed è sicuramente da questo piccolo spunto che Aronadio ha portato a compimento la sua nuova regia, ovvero la commedia Io c’è, una storia di come sbracare il lunario oggi, magari inventandosi un credo religioso che possa raggirare delle menti fragili in riguardo.

Tutto ciò porta quindi ad un lungometraggio che affronta tale argomento grazie alla presenza di un notevole cast, capitanato dal buon Edoardo Leo, per il quale Aronadio ha collaborato allo script di Che vuoi che sia, seguito poi dalla presenza di una Margherita Buy in versione secondaria e un Giuseppe Battiston solito asso nella manica, in quanto non protagonista di grandi qualità.

Nella trama di Io c’è troviamo tale Massimo Alberti (Leo), un figlio di papà padrone del bed and breakfast chiamato Miracolo italiano, lontano dai fasti del successo che fu, ritrovandosi quindi al presente con un’attività indirizzata al fallimento e sempre più in crisi, con tasse sempre più maggiorate da pagare.

Come se non bastasse davanti al suo stabile arriva anche la concorrenza, ovvero una chiesa ora adibita ad ostello che gode di ogni diritto appartenete ad un qualsiasi stabile religiosi, assenza di tasse in primis.

Il luogo riscuote un certo successo e Massimo, conscio di ciò che sta succedendo, decide di farsi venire un’idea; ovvero quella di creare una sua personale corrente religiosa, lo Ionismo.

Sarà con l’aiuto della sorella Adriana (Buy) e dello scrittore fallito Marco (Battiston) che porterà a fondo tale piano, scoprendo che la cosa funzionerà veramente bene, richiamando adepti e credenti al suo cospetto, i quali alloggeranno nel bed and breakfast di Massimo.

Tramite una vena umoristica all’apparenza leggera, ma sotto sotto graffiante, Aronadio realizza questo Io c’è grazie ad un acuto senso dell’umorismo, gettando nel mezzo tale analisi sociale di cosa vuol dire influenza religiosa e di cosa possa rappresentare per determinate persone.

Un espediente utilizzato per poter deridere alcune credenze e altrettanti rituali, carta vincente di tutta l’operazione, poi assecondata da un degno destreggiarsi di attori ben calibrati; oltre a Leo primo attore, che riesce a dare sempre quell’aurea simpatica dei propri scanzonati personaggi, anche una Buy più trattenuta e meno in vista del solito, comunque di grande presenza, ed un Battiston a tratti gigione, contorno di gran classe.

Grazie al supporto di questo cast ben affiatato, Io c’è riesce nell’impresa di regalare del sano spettacolo leggero, nonostante il tema trattato (l’invasamento religioso nei confronti di numerose menti) sia tra le cose più attuali di ogni epoca; e lo fa mischiando nel tutto anche parentesi seriose (quella che riguarda il personaggio di Giulia Michelini) ad altre più sarcastiche (la storia di un esilarante Massimiliano Bruno in versione paralitica e razzista).

Unico neo è che in Io c’è rimane un che di incompiuto di istante in istante, con alcune sottorame chiuse troppo frettolosamente, ma nel complesso Aronadio regala una pellicola fresca e intelligente, che lascia pensare e allo stesso tempo ridere di questi insicuri tempi, bisognosi di un qualcosa in cui credere pur di andare avanti.

Mirko Lomuscio