Solo: A Star Wars story – recensione

Sono passati ben 42 anni da quando abbiamo visto per la prima volta quel giovane e affascinante Harrison Ford travestito da pilota fare capolino dall’estremità di un’inquadratura in una lurida taverna di Mos Eisley, accompagnato dal suo fedele e nerboruto amico peloso, e pronunciare come prima frase il suo stesso nome. Cinico, sarcastico, sicuro di sé, da quel momento, il personaggio di Han Solo è divenuto leggenda, una delle icone più significative dell’universo creato da George Lucas. Come dice Peter Griffin nella parodia Blue Harvets, “L’unico attore la cui carriera non è stata distrutta da questo film”.

Da quella prima trilogia, molti fan si sono sempre chiesti sempre più interrogativi riguardo al suo passato. Com’è nata l’amicizia tra lui e Lando Calrissian? Come si sono conosciuti lui e Chewbecca? Da dove viene lo storico Millennium Falcon? Ma soprattutto, cosa sono la rotta di Kessel e i tanto discussi dodici parsec?

Molte di queste domande sarebbero potute tranquillamente restare in sospeso, al fine di rendere il personaggio più misterioso e accattivante, e molti avrebbero preferito così.

Tuttavia La Disney non è molti, perciò ha deciso di girare il primo film della saga interamente dedicato al contrabbandiere più famoso dello spazio. All’inizio si è pensato di affidare la regia a Phil Lord e Christopher Miller (Piovono Polpette, The Lego Movie, 21 – 22 Jump Street), i quali avevano già girato buona parte del film, ma, a causa di divergenze col topolino multimiliardario (pare volessero lasciare che gli attori improvvisassero gran parte delle scene), sono stati licenziati. È dunque toccato al buon vecchio Ron Howard (Willow, Apollo 13, Il Grinch, A Beautiful Mind, Il Codice da Vinci) prendere le redini e rigirare il tutto. Il film in questione è Solo: A Star Wars story, del 2018, secondo capitolo della serie di spin-off di Star Wars dopo Rogue One.

La storia è ambientata poco più di tre anni prima di Una Nuova Speranza. Il giovane ladruncolo Han, interpretato da Alden Ehrenreich (Beautiful Creatures, Blue Jasmine, Ave, Cesare!), viene separato dalla sua amata Qi’ra, interpretata da Emilia Clarke (il solo nome di Daenerys Targaryen può bastare), dopo aver tentato di fuggire da Corellia. A causa di ciò, decide di unirsi ad una banda di trafficanti al fine di guadagnare abbastanza soldi per tornare da lei. Tra questi, vi sono il suo nuovo capo e mentore, Tobias Beckett, interpretato da un carismatico Woody Harrelson (La Sottile Linea Rossa, Non è un Paese per Vecchi, Sette Anime, Hunger Games, Tre Manifesti a Ebbing: Missouri) e l’immancabile Chewbecca, incontrato per caso, oltre ad intraprendere affari con l’affascinante contrabbandiere Lando, interpretato da forse il miglior attore del film assieme a Harrelson, ovvero Donald Glover (The Lazarus Effect, The Martian, Spider Man: Homecoming).

Come già detto, a differenza della precedente pellicola distaccata dalla nuova trilogia, questo film s’incentra su un singolo personaggio e del suo percorso di formazione, se così può essere definito, che lo porterà in un viaggio che terminerà all’inizio di Una Nuova Speranza. Un viaggio che non fa maturare di molto il protagonista, ma che non ne ha neanche molto l’interesse: si capisce che Howard non abbia voluto rendere il film eccessivamente epico, voleva solo offrire una storia credibile che racchiudesse tutte le curiosità insite negli appassionati della saga. E, proprio come Rogue One, non essenziale per comprendere la linea narrativa delle varie trilogie.

Proprio per questi motivi il film riesce a reggersi in piedi e ad accompagnare lo spettatore in un’accattivante western fantascientifico con molte meno tinte “Disneyane” degli ultimi film targati Lucasarts. In sintesi, Solo è un film godibile, divertente e senza troppe pretese. Le scene di battaglia sono ben coreografate e immersive, grazie alla regia di Howard che prende molto in risalto le ambientazioni, gli effetti speciali sono decisamente più classici, “old school”, fatti da fan per altri fan, la trama è avvincente e ricca di colpi di scena.

I difetti, se togliamo la colonna sonora anonima e riciclata dalla classica di Star Wars (tolta la traccia dei Marauders, epica e coinvolgente), si possono ritrovare all’interno delle singole scene, come la rivelazione di una grande verità su Solo campata per aria e abbastanza banale, verso l’inizio del film, ma soprattutto l’inserimento di UNA SINGOLA spada laser in tutto il film. Una spada laser che appare per appena 5 secondi e che poi viene subito rinfoderata senza che venisse utilizzata, rendendo Solo un’altra occasione sprecata per fare un buon film di Star Wars senza per forza inserire spade laser.

È proprio questa la sensazione che si ha appena terminata la visione del film: una spada laser sfoderata, bella da vedere, esteticamente meravigliosa, che riporta alla mente vecchi ricordi, ma alla fine dei conti inutile e mai propriamente utilizzata a dovere. Tuttavia, non per questo brutta.

 

Andrea De Venuto

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