Ready Player One: recensione

Esce oggi il nuovo film distopico di Steven Spielberg basato sull’omonimo romanzo di Ernest Cline.

La trama è ambientata nel 2025, in una Terra ormai inquinata e piena di baraccopoli. Il mondo virtuale OASIS è il mezzo con cui la popolazione sfugge ai problemi quotidiani.  La notizia della morte di Halliday, il creatore di Oasisi,  arriva insieme con l’ultima, stimolante sfida lanciata dall’eccentrico defunto: una caccia al tesoro da miliardi di dollari, un easter egg nascosto in qualche parte del gioco. Per arrivare ad esso, bisognerà conquistare tre chiavi.

L’adolescente Wade, da sempre affascinato da Halliday, ha collezionato informazioni sulla sua vita e il suo lavoro. Attraverso l’avatar Parzival proverà a partecipare al premio in palio, scontrandosi con i potenti membri di una multinazionale senza scrupoli.

Ready Player One è una critica alla nostra società odierna, dove a volte il confine tra reale e virtuale si fonde. La gente usa internet per sfogare i propri bassi istinti, per sfuggire aduna vita che non sopporta. Wade, ad esempio, è il classico ragazzo nerd occhialuto ed emarginato, che vive con la zia in una situazione precaria. OASIS è l’unico luogo dove ha amici e può essere qualcuno. Spesso però ci attacchiamo a un’amicizia virtuale, senza pensare che magari la persona dietro tale identità non sia come noi ce l’aspettiamo. Come disse lo stesso creatore Halliday, OASIS nacque perché lui non sapeva rapportarsi con gli altri.

Il film è un’enorme citazione alla cultura pop anni ’80 e quella moderna: riconoscerete diversi film, cartoni animati, videogiochi e personaggi di fumetti. Una vera goduria per i nerd, ma anche per gli amanti di film d’azione.

L’uso della computer grafica per creare il mondo di OASIS, in contrasto con la realtà, è una scelta azzeccata. Vi sembrerà di essere dentro a un videogioco.

La morale del film è quindi il sapersi organizzare tra svago virtuale e vita reale e di non cadere nella dipendenza per sfuggire ai propri problemi.

Unica nota negativa è il semplicismo buonista che a volte caratterizza Spielberg, soprattutto verso il finale, ma di fatto, la pellicola è una vera goduria per gli occhi e per il cuore; è un buon prodotto cinematografico capace di intrattenere e di emozionare.

 

Debora Parisi

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