I bannunati: intervista esclusiva a Marina Novelli

Marina Novelli, nata a Roma nel 1961, si è laureata all’Accademia di Belle Arti in Scenografia, Arredamento e Costume. Scenografa e arredatrice per il cinema e il teatro a fianco di Mario Garbuglia e al Teatro Eliseo di Roma per la Compagnia di Gabriele Lavia, ha proseguito la sua attività artistica come illustratrice e fumettista.

Ha pubblicato nel 2010 la sua prima graphic novel dal titolo Cambio pelle (Tunué). Numerose le sue collaborazioni teatrali e cinematografiche, tra le ultime per il film Educazione siberiana, regia di Gabriele Salvatores, e per la commedia teatrale Je suis seul(e) ce soir, regia di Fabrice Eberhard, rappresentata a Parigi. I bannunati è il suo primo romanzo.

Per saperne di più, l’abbiamo intervistata. Buona lettura!

Hai carta bianca e tre aggettivi per descriverti…

Sopra le righe, audace e impulsiva. Non mi vedo, non mi osservo nell’aspetto, ho passato più tempo a sfuggire la mia immagine riflessa che a contemplarla e mal sopporto chi si ammira, lo ritengo alienante. Forse ho ceduto un poco alle “inutilità” in questi ultimi anni. Diverso è il mio rapporto con il recondito. Mi affascina il celato, le profondità, l’inaccessibile, mi piacciono le sfide.

Mai senza…?

Mai senza uno sguardo ironico e irriverente sulla vita, il tragicomico intinto di cinismo e romanticismo trovo che sia una miscela esplosiva per cicatrizzare rapidamente le ferite dell’esistenza

Cosa ti piace leggere?

Amo la poesia e tutte le penne irriguardose, impudenti e canzonatorie. Amo il realismo magico, il surreale, gli autori visionari e disincantati.

Se dovessi esprimere tre desideri?

Ne ho molti di desideri e non saprei sceglierne tre soltanto, tra di loro certamente il desiderio divenuto scopo principale è di vedere pubblicate le mie storie, forse quello che mi dà la soddisfazione maggiore.

La tua vita in un tweet?

Non faccio parte della massa che tweetta, che frustrazione racchiudere in poche battute un concetto figurarsi una vita ma se mi devo sfidare potrebbe essere: “leggi le mie storie, c’è più vita mia vissuta li dentro che in un tweet!”

Parlaci del tuo romanzo. A chi lo consiglieresti e perché?

La scintilla partì il giorno che lessi di un fatto di cronaca nera avvenuto nella zona in cui abito durante gli anni ’50, c’erano degli elementi che mi provocavano una forte inquietudine. il corpo senza testa di una giovane donna siciliana, emigrata nel continente, era stato ritrovato sulle sponde del lago dove si affacciano ora le mie finestre. Le autorità risalirono all’identità attraverso un piccolo orologio che aveva al polso, ma la testa non fu mai ritrovata. Questo corpo spezzato, separato, come anche la coscienza di questa donna annidata parte nel cuore e parte nella sua mente, mi aveva soggiogata. Questa divisione mi ha completamente sedotta. Ho iniziato a chiedermi se non fosse partita, se fosse rimasta nella sua terra, nel suo paese, come fosse da bimba, chi fossero i suoi genitori e come vivessero e se davvero fosse restata e non fuggita quale vita avrebbe fatto e quale destino avrebbe avuto. A quel punto la miscela con i miei ricordi d’infanzia e dei racconti perpetui e ininterrotti di mia madre sulla guerra e i bombardamenti, ancora vividi, si sono fatti un corpo unico che poi è diventato un canovaccio narrativo e mi sono resa conto che offrendo ad Antonietta Longo, la donna del fatto di cronaca, Antonuccia, Tuccia nel mio romanzo, attraverso la mia immaginazione una vita diversa da quella decisa dal suo destino, tuttavia non si sarebbe sottratta dal separarsi da qualcosa o qualcuno.  Mancanza, isolamento, assenza, lontananza è quello che lamentano I Bannunati a volte, altre è il loro punto di forza ed io credo che in materia ne abbiamo tutti un po’ a che fare. Ho dovuto farci i conti anch’io scrivendo di loro e non è stato facile perché è un argomento che mi sta ancora molto a cuore.

Come sono nati i personaggi?

I personaggi sono annidati nelle interiora di chi li racconta, sono una mistura con lo   sguardo, quel gesto, quella camminata che ti è rimasta impressa, sono creature che partorisci con un po’ di tutto quello che ti è passato davanti gli occhi di fuggevole e più persistente. Prendono vita e ti parlano e tu devi stare rigorosamente ad ascoltare. Devi riconoscere loro dignità di esistere, farti prendere per mano e lasciarti portare attraverso la loro storia.

Le ambientazioni scelte provengono dal reale o sono anche una proiezione dell’anima?

Nel mio caso che ho una scrittura piuttosto intimista e immaginifica, accade il contrario ovvero dall’interno i contenuti cercano di prendere una foggia reale e riconoscibile. Il nostro impasto umano è fatto da sostanze, informi e fin troppo invece tradotte per cui private del significato. La sfida è di raccontare il vero e universale privato di retorica.

Come puoi riassumere ai potenziali lettori il tuo romanzo? Qual è il  messaggio che hai voluto trasmettere?

Non lo so, non mi sono posta come scopo di trasmettere un messaggio, il lettore deve dirlo a me io sono una raccontastorie.

Sei già al lavoro su un nuovo manoscritto?

Dopo Cambio pelle il mio primo romanzo illustrato come autrice di storia e disegni e dopo I Bannunati opera prima di narrativa, ho terminato il secondo romanzo per il quale ho scelto un percorso che non mi permette ancora la divulgazione, e per me è una sofferenza, ma resisto a denti serrati.  Mi conforto scrivendo il terzo romanzo, una storia di mare e visionaria, di partenze e soprattutto di ritorni.

Silvia Casini

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