Dickens – L’uomo che inventò il Natale: recensione

Non c’è opera più immortale di Canto di Natale di Charles Dickens per poter commemorare come si deve le festività natalizie, un tomo della bontà d’animo e il senso di sacrificio che ancora oggi tocca il cuore di ogni lettore nel mondo, grazie a quella storia al di là della fantasia fatta di viaggi nel tempo e presenze di un mondo ultraterreno, tutte al cospetto dell’avido e grigio Ebenezer Scrooge.

Insomma, chi non conosce questa famosissima storia? Tant’è che anche il cinema più di una volta ha voluto rendergli omaggio, tramite varie trasposizioni fedeli all’opera (tra le molte, da citare La più bella storia di Dickens di Ronald Neame), anche in versioni alquanto aggiornate, come quella anni ’80 di S.O.S. fantasmi diretto da Richard Donner o quella in performance capture di A Christmas Carol di Robert Zemeckis.

Quello che forse non tutti sanno è la storia che si cela dietro alla sua realizzazione, un lungo percorso formativo che ha coinvolto Dickens stesso e che non poteva non essere narrato in un ulteriore lungometraggio, a suo tempo tratto da un libro datato 2008, scritto da Les Standiford; così nasce Dickens – L’uomo che inventò il Natale, un’opera dietro le quinte dello scritto natalizio preferito da milioni di persone, di ieri, di ora e per sempre.

Nei panni del noto scrittore inglese troviamo quel Dan Stevens che in molti avranno notato, ma visto in faccia per poco, nel recente La bella e la bestia live action della Disney, dove lui ricopriva i panni del mostruoso protagonista; la trama prende avvio dal momento in cui il nostro Charles si sente costretto a dover realizzare una nuova opera, dato l’insuccesso dei suoi ultimi scritti, un libro che possa rifiorire i suoi averi, date le spese incombenti che lo stanno prosciugando.

Ecco che allora, pian piano lo spunto arriva con molta sorpresa, seguendo una serie di dettagli e tracce, i quali lo porteranno alla creazione di un protagonista di nome Scrooge (Christopher Plummer), un uomo avaro di cuore e di animo, che del Natale farebbe anche a meno; una caratterizzazione forte che tormenterà Dickens dappertutto, affinché lui non compia lo scritto tanto agognato dai suoi estimatori, familiari ed amici compresi, tra cui il problematico padre John (Jonathan Pryce); loro saranno la massima ispirazione per quell’opera, il cui titolo sarà Canto di Natale.

Diretto dal Bharat Nalluri de Il corvo 3 – Salvation e Spooks: il bene supremo, Dickens: l’uomo che inventò il Natale ha il pregio di trasportare lo spettatore dietro la creazione di questa leggenda letteraria, col tocco fantasioso del caso, ricreando quindi le atmosfere magiche di quelle righe scritte e l’alone mistico del tutto.

Il punto forte del film sta nel raccontarci l’esperienza ispiratrice del noto scrittore come fossimo nel suo immaginario, percorrendo una strada di crescita creativa con molta originalità e presa visiva.

Dickens – L’uomo che inventò il Natale mischia valore letterario e macchina filmica in modo molto lodevole, gingillando il buon Stevens nei panni del protagonista proprio sullo stesso percorso del suo Ebenezer, spirito ossessivo ricoperto da un Plummer iconico sotto questo aspetto.

Unica pecca è che verso il terzo atto, proprio quello che riguarda il blocco dello scrittore che affligge Dickens, l’opera di Nalluri rimane in fase di stallo narrativo, arenandosi su una pruriginosa noia che quasi nulla porta al resto del racconto.

Ma a conti fatti avrete la vostra storia natalizia, resoconto di ciò che ha portato quello scritto immancabile nei cuori di ognuno in ogni dove, e tanto basta.

 

Mirko Lomuscio

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