Delrai Edizioni: intervista esclusiva a Malia Delrai

Un buongiorno appassionato, nostri affezionati lettori, oggi i nostri riflettori si proiettano su una casa editrice italiana dal grande potenziale: la Delrai Edizioni. Abbiamo già intervistato tre delle sue autrice, Eveline DurandRachel Sandman e Alessandra Paoloni. Oggi però sarà la direttrice stessa a concederci un po’ del suo tempo per narrarci le origini della Delrai Edizioni”


Ciao Malia, parlaci un po’ di te e della tua passione per la scrittura.

Che dire… è un po’ difficile parlare di se stessi. La scrittura è una compagna d’avventure per me, dal 2008. Ho incontrato – nel vero senso della parola –, questa realtà, grazie a una profonda crisi esistenziale. È stato strano, però bello. La sto personificando, lo so, però alla fine è stato proprio un incontro, anzi… uno scontro. Un giorno mi sono ritrovata a tu per tu con me stessa e ho sentito il bisogno di mettere nero su bianco la mia persona. L’errore che inizialmente fanno tutti. Sfogarsi, esternarsi, attraverso le lettere, è il primo impulso… Devo ringraziare chi all’epoca mi ha seguita, chi mi sosteneva, alla fine sono riuscita a migliorarmi, a crescere e a diventare quello che sono ora. E c’è ancora molto da imparare e da scoprire.

Com’è stato il tuo percorso da scrittrice a direttrice? Come è nata Delrai Edizioni?

Tutte le scoperte migliori avvengono per un fortuito caso. Impressionante, è stato così anche per me. Il giorno prima ero una scrittrice, il giorno dopo editrice. È successo davvero così. Il problema è stato quando mi sono svegliata editore, perché mi sono resa conto che le responsabilità sono tante, le cose da fare, da migliorare, tantissime e bisogna avere altrettanta volontà, costanza, amore, pazienza, per riuscire in questo settore. Era più facile prima, gestire se stessi è più semplice, perché di fatto ogni scelta si ripercuote solo su di noi, quando le tue decisioni invece si riflettono sugli altri, allora non è più uno scherzo e non puoi assolutamente dimenticarlo, ogni secondo.

La scelta di dividere le collane in stelle è legata ad un’idea specifica o ad una passione?

Non sono un’appassionata di astronomia o astrologia. La mia unica passione sono i libri. Però volevo qualcosa che distinguesse realmente la realtà che stavo creando e valorizzasse i miei autori. Gli attori vengono definiti “star”, stelle, l’idea nasce da questo, anche i miei scrittori per me sono “star”, sono stelle, dovevo solo scegliere la stella giusta, quella col nome giusto, che si adattasse al genere. E così ho fatto. È un messaggio in fondo: scommetto sui miei autori perché sono bravi, ci credo davvero, sono grandi.

Parlaci un po’ della casa editrice: quali sono i vostri format? Che generi accettate?

Accettiamo ogni genere, io non ho problemi con i generi, mi piacciono tutti i libri, mi appassiona ogni storia. Certo ho i miei gusti e i miei standard, nel senso che sono una persona che ama le storie strutturate, complesse, che trasmettono messaggi umani importanti. Insomma… mi rendo conto che questo è ciò che mi appassiona di più e le storie che scelgo sono il frutto di ragionamenti, oltre che di sensazioni. Non mi basta che un testo sappia emozionare, deve avere un valore letterario.

Secondo te, che relazione c’è tra il genere rosa e il pubblico italiano? Cosa pensi di quei libri che propongono amori “tossici” come modelli da seguire?

Io stessa ho proposto un amore tossico, un amore malato. Noi esseri umani siamo attratti immancabilmente da ciò che ci spaventa. I libri possono contenere di tutto e di più, possono veicolare messaggi, proporli, come non farlo. Non possiamo limitare la letteratura, come limitiamo l’essere umano le leggi per creare una società pacifica, non possiamo farlo perché è grazie ai libri che l’essere umano cresce, si salva, cerca una sorta di purificazione, si mette in discussione, si fa domande. Se imputiamo al genere romance modelli sbagliati (ad alcuni romance), dobbiamo imputarli a tutti gli altri generi. Il giallo ci mostra come uccidere qualcuno, nel fantasy ci mostrano supereroi e modelli irraggiungibili. Il rischio non è proporre modelli… La vera domanda è: perché abbiamo così tanta paura di messaggi sbagliati nel romance e non negli altri generi?

Cosa caratterizzerebbe un buon romance?

Esattamente quello che caratterizza ogni buon libro: struttura, stile, sensibilità. Prima di tutto una struttura pulita e coerente, una trama quindi, ben costruita, e non buttata giù soltanto per ispirazione. Poi uno stile: quindi l’autore deve avere personalità, deve saper comunicare, deve saper senza dubbio usare l’italiano per farlo. E infine sensibilità, quindi capacità di emozionare attraverso le parole, di togliere il respiro al lettore, di coinvolgerlo nella storia.

Quali sono i progetti per il futuro?

Ah, bella domanda, il progetto è far crescere la Delrai Edizioni. Ma ammetto di volermi godere il viaggio.

Quali generi letterari apprezzi?

Non ci sono generi letterari che apprezzo più di altri. Amo tutti i buoni romanzi. Ho imparato col tempo questo. Sono una persona curiosa, non c’è niente che non è leggerei.

Debora Parisi

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