Come riso sotto la neve

L’altro giorno ci sono andato alla vecchia chiesa, quella in fondo al paese, che ora è in piedi solo per miracolo e ha tutti i calcinacci buttati a terra. È dal campanile e poco altro, che si vede che una volta era una chiesa.

La neve, in questi giorni, ha avvolto tutto, e la giornata non era delle migliori per andarsene a spasso. Certo, lo so, ma ero così curioso che non ho badato al freddo. E poi, il silenzio della neve a me fa sentire in pace col mondo.

E l’ho visto davvero, il signor Valerio, lì così, come nei racconti del paese. Alto e un po’ ricurvo, nel suo cappotto nero che lo avvolgeva tutto.

Ha gli occhi strani, il signor Valerio, e uno sguardo che mette timore, perché quando ti fissa, le pupille d’un tratto si mettono a ballare, e tu non sai se stia per dirti qualcosa, oppure se rifletta soltanto. Questo mi ha detto Santina, la mia compagna di banco. Lei lo sa perché abita proprio dietro alla vecchia chiesa, quindi ha modo di osservarlo bene visto che passa di lì ogni giorno.

Sua mamma le ha detto di non fermarsi a parlare con lui, e di affrettare il passo. Prima d’iniziare il lavoro alla tintoria, la portava a scuola. Adesso invece Santina va e torna da sola, anche perché ha già dieci anni e non è più una bambina. Lei ha promesso di non fermarsi mai, ma una volta ha dovuto infrangere il giuramento, perché al signor Valerio era caduta una moneta, e lo ha aiutato a ritrovarla. Per altro, mica è stato facile, dato che c’erano tante foglie e la moneta era finita un po’ troppo sotto. Da quel giorno, Santina mi ha detto che il signor Valerio ci prova sempre a salutarla, ma lei prosegue dritta, anche se spesso gli sorride. Nel giuramento non sono compresi i sorrisi, quindi l’ho rassicurata sul fatto che non stia infrangendo nessuna regola.

Lei ci tiene a fare bella figura con la sua famiglia, e che io sappia non ha mai fatto niente di sbagliato, tranne quella volta che lei e suo fratello sono andati al fast food, e per sbaglio hanno preso tre porzioni di patatine fritte. Alla cassa, poi, gliene hanno fatte pagare solo due, ma né lei né suo fratello hanno aperto bocca. Da allora forse Santina ha avuto qualche dubbio riguardo alla sua onestà, ma è anche vero che quando si va in giro con un fratello grande, a comandare, in realtà, è sempre e solo lui. Così, quando glielo ho detto, lei si è rasserenata e ha smesso di parlarne. Prima, nell’intervallo, era tutto un rimuginare su questa storia.

Mi fa morire, Santina. Adesso, invece, è tutta presa dal signor Valerio, da quello che si dice di lui e che sua mamma ha sentito in tintoria. Dovete sapere che il signor Valerio non se la sta passando troppo bene. A parte il fatto che non è più tanto giovane, adesso è anche solo. Perché sua moglie, quella che si prendeva cura di lui, è morta proprio prima di Natale. E infatti, alla tintoria, si è già sparsa la voce che lui abbia rattoppato alcuni bottoni col fil di ferro, e che le sue camicie non siano più tanto pulite. Ma il fatto che inquieta di più Santina è che dicono che lui abbia dato di matto, perché lo vedono spesso davanti a quella che una volta era la porta della vecchia chiesa, a cercare qualcosa nella neve.

«Tu non hai fatto nessun giuramento – mi ha detto allora Santina, e me lo ha detto in classe, senza nemmeno aspettare la ricreazione – così potresti andare a dare una controllatina.»
E quando io ho allargato gli occhi, per intendere che lei era un po’ pazza, ha aggiunto: «Ti prego, Giovanni… ti prego, ti prego, ti prego…»

Come resistere a Santina? E poi è normale che a comandare siano sempre le donne. Noi uomini cadiamo cotti delle loro “mossette”, del fatto che ci sorridono e poi fanno a metà del loro panino che si portano a merenda. E allora, in quel preciso momento tu sei fregato e, mentre mordi quel pane morbido farcito di mortadella, sai già che farai tutto quello che lei ti dice.

È successo a me con Santina, e così l’altro giorno sono andato alla vecchia chiesa. Speravo di vederlo, il vecchio signor Valerio, così potevo raccontare a Santina quello che avevo scoperto e di come se la stesse passando. Ma avevo anche un po’ di timore, perché non ero tanto abituato a parlare con persone che non si sa bene quello che fanno.
Lui, come dicevo, era lì, come ogni giorno ormai da un po’. Era chinato accanto ad alcuni calcinacci, ma non si vedeva che erano calcinacci, perché c’era la neve ed era tutto bianco.

Cosa avrei dovuto dirgli? Neanche lo conoscevo. Avrei dovuto chiamarlo per nome?
Ero lì che mi stavo scervellando, quando lui ha alzato la testa. Aveva scavato fra la neve, ma non si capiva mica tanto bene cosa intendesse fare. Però sono stato zitto, perché non eravamo amici.

«Era qui il riso, ragazzo», ha farfugliato lui. Ma anche se aveva una voce rauca, ho sentito lo stesso.
Il signor Valerio ha gli occhi verdi. Non è vero che quando fissa si mettono a ballare.
Così mi sono fatto coraggio, e gli ho chiesto: «Quale riso, signor Valerio?»
Lui ha guardato me, poi a terra, e poi ancora me. Non era stupito per il fatto che lo avevo chiamato per nome.
«Quando io e la mia Ester ci siamo sposati, era qui che hanno buttato tutto il riso.»
Era più o meno dove un tempo doveva esserci l’entrata della chiesa, quindi ho capito.
«Le manca sua moglie, signor Valerio?»
Non so nemmeno io come ci sono riuscito.
Lui ha scosso il capo, ma poco, come fa una persona che non viene capita.
«L’altro giorno c’erano degli sposi, qui. Dov’è il riso?»

Il signor Valerio è un po’ confuso. A volte gli sposi si fanno delle foto con le rovine della vecchia chiesa, e ora, con la neve, deve essere tutto ancora più bello. Ma nessuno si sposa più qui.
Ma l’altro giorno lui sembrava troppo convinto, e così ho pensato di non dirgli niente.
«Mi serve il riso, per Marlon.»

Lui deve avere visto la mia faccia, e il fatto che ero turbato. Così mi ha preso per mano, e mi ha portato appena dietro alla vecchia chiesa. Lì c’era una casetta, tutta malandata. Dentro c’erano dei mobili buttati a caso, e il fuoco del camino era spento.

Santina non vuole che racconti il seguito di questa storia, perché dice che non sarebbe giusto nei confronti del signor Valerio. Allora mi limiterò a dirvi quello che ho scoperto quel giorno. O a ripetere quello che poi hanno detto in tintoria alla mamma di Santina.

In casa c’era Marlon, che era il suo cane. E aveva fame, perché dalla morte della moglie, il signor Valerio non si era più curato di lui, né della casa e nemmeno di se stesso. Così ho chiamato un vicino di casa, che a sua volta ha chiamato i carabinieri. Sono intervenuti i servizi sociali, che hanno fatto ricoverare il signor Valerio in un posto caldo, dove gli preparano sempre i pasti e, se vuole, può anche giocare a tombola con altri che stanno lì. Marlon, invece, è stato portato al canile, ed è in attesa di qualcuno che lo adotti. Prima di salire in ambulanza, il signor Valerio mi ha detto che il suo cane adora il riso.

Domenica prossima, Santina mi ha già detto che vuole che l’accompagni a trovarlo, il vecchio Marlon. Ha già pensato a prendere dalla dispensa un sacchetto di riso. Io la lascio fare, perché tanto sono rassegnato. Che a comandare sono sempre le donne, ve lo avevo già detto?

 

Cristina Biolcati per Upside Down Magazine

© Riproduzione Riservata