Cinquanta sfumature di rosso: recensione

In principio fu il grigio che ha segnato l’inizio di una relazione complicata, poi arrivò il nero diventato simbolo di compromessi e autodeterminazione e, infine, Cinquanta sfumature di rosso a chiudere definitivamente la trasposizione cinematografica della trilogia erotico-sentimentale nata dalla penna di E.L. James.

Dopo i tira e molla, le incomprensioni, la condivisione di un mondo segreto e perverso, Christian ed Anastasia sono finalmente, e felicemente, marito e moglie. Ma per Mr. e Mrs. Grey, quanto a lungo potrà durare la tranquillità?  Ebbene, non molto. I fantasmi del passato ritornano e Ana si troverà nuovamente in balia di gelosie e vendette: al caro Jack Hyde sembra non essere andata giù la scelta di Mrs. Grey, soprattutto adesso che la ragazza ha fatto strada, sostituendolo nel ruolo di direttrice editoriale.

Dopo che il regista Sam Taylor-Johnson ha provato e fallito nel trasformare un fenomeno nazional popolare in una storia d’amore epica nel primo film, e il commediante James Foley e lo sceneggiatore Niall Leonard hanno presentato un orribile secondo film, Cinquanta sfumature di rosso è il più a suo agio nella propria pelle, sembrando addirittura consapevole del fatto che il pubblico ridacchierà alle sue dichiarazioni di romanticismo. Nel voler mescolare, però, l’elemento forzatamente thriller e il melodramma, il film sembra perdere del tutto il suo genere, seminando, di tanto in tanto, qualche nudo non ben armonizzato con la struttura della storia e relegando a davvero pochissimi e brevi attimi le scene di passione tra i due novelli sposi. La psicologia e caratterizzazione dei personaggi è decisamente migliore rispetto alle due pellicole precedenti, ed è persino più aderente alla trilogia letteraria da cui è tratta quella cinematografica: ebbene si, anche Mister Grey ha qui una dimensione più umana, e per la prima volta nella trilogia lascia scoprire lati inediti del suo carattere.

Cinquanta sfumature di rosso non termina con un botto o un piagnisteo, anche se sullo schermo sono presenti molti di questi elementi. Più semplicemente, come tutte le discussioni narrative raccontate in tre film, si stempera semplicemente con l’eleganza di una corda intrecciata che non si stacca, ma che è ancora felice di crogiolarsi sul suo divano di pelle rossa, ignorando tutti gli strumenti eccitanti e inutilizzati a sua disposizione. Le sfumature, insomma, più che brividi di seduzione regalano qualche risata ma anche il rimpianto di una vera occasione sprecata.

 

Federica Rizzo

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