X-men: Dark Phoenix – recensione

Oramai da qualche tempo la saga di X-men sta attraversando un percorso di svecchiamento che ha visto prendere vita con il prequel X-men: l’inizio, un film che ha aperto le porte ad un nuovo punto di vista dedicato ai personaggi dei fumetti creati da Stan Lee e Jack Kirby, nonché operazione di ringiovanimento dei suoi protagonisti mutanti, resi ora da una serie di attori sostitutivi più giovani rispetto a quelli utilizzati nella prima trilogia cinematografica iniziata da Bryan Singer; al posto di Patrick Stewart abbiamo James McAvoy, al posto di Ian McKellen c’è Michael Fassbender, Jennifer Lawrence è Mystica sostituendo la bellissima Rebecca Romijn, e così via, consentendo ad uno stuolo di attori sbarbati o meno di prendere parte a questo universo fantasioso e ricco di poteri speciali.

Nell’ultimo lungometraggio dedicato a loro, ovvero quel X-men: Apocalisse sempre diretto da Singer, avevamo fatto a tempo ad assistere all’arrivo di Jean Grey, character ricoperto in passato da Famke Janssen ed ora reso nelle fattezze di Sophie Turner, a cui questa serie ha già dedicato gran parte della propria attenzione in qualche pellicola (pensiamo a X-men 2 o X-men: conflitto finale tanto per capirci) e analizzando perfettamente la sua natura di “fenice” risorta.

Tocca a questo X-men: Dark Phoenix dare un ulteriore sviluppo a tale personaggio, portandoci indietro negli anni ’90 e prendendo spunto direttamente dall’omonima saga cartacea realizzata da John Byrne, Chris Claremont e Dave Cockrum; siamo nel ’92 e Charles Xavier (McAvoy) insieme ai suoi studenti sono ormai paladini del pianeta, accorrendo in aiuto dei cittadini quando il loro governo ne ha bisogno.

Durante una missione spaziale Jean (Turner) entra in contatto con una forza sconosciuta, venendo trascinata in una iperbole di poteri incontrollabili che attirano anche l’attenzione di un gruppo di pericolosi alieni, alla cui testa c’è un essere che vive sotto le sembianze di una donna (Jessica Chastain).

In fuga da tutti, Jean dovrà decidere da quale parte stare, se con il professor Xavier o con queste creature dell’oltrespazio, e nel mentre una enorme nuova battaglia tra mutanti si sta combattendo, richiamando addirittura l’attenzione di Magneto (Fassbender), il quale ormai si era ritirato pacificamente in un terreno rurale.

Portando dietro la macchina da presa il nome dell’esordiente Simon Kinberg, una figura che è stata dietro alla realizzazione di questa saga sin capitolo tre (ovvero il succitato Conflitto finale), X-men: Dark Phoenix è un prodotto che riporta al grande pubblico i dilemmi e le problematiche della mutante Grey senza porsi il problema di rendersi ripetitivo a riguardo; una serie di interrogativi che la protagonista resa dalla Turner aveva già avuto modo di sciorinare in film passati (però là era la Janssen a ricoprirla), ma in fin dei conti quest’opera riesce a crearsi un proprio rispetto, giocando i vari rapporti d’amicizia che legano i vari personaggi (il duraturo rapporto tra Xavier e Magneto) e alzando il tiro verso l’epilogo, con una lunga battaglia che non manca di emozionare, chiamando a rapporto una sequela di mutanti dagli esiti spettacolari (il Beast di Nicholas Hoult, Nightcrawler di Kody Smith-McPhee, Tempesta di Ororo Munroe) e regalando allo spettatore un deflagrante finale degno di nota.

In tutto ciò non mancano colpi di scena ad effetto e vogliosi di portare questa saga in una direzione diversa, lontano dalla filologia della serie antecedente; qua si va verso un’altra direzione, regalando ricche emozioni ma senza inventare chissà quali nuovi intrecci.

Ecco, magari a X-men: Dark Phoenix si può rimproverare questo adagiarsi a situazioni già adocchiate nei capitoli precedenti e pure la presenza di un villain poco approfondito (e coinvolgere la Chastain in tale ruolo rimane un bel quesito), ma in fin dei conti l’operato di Kinberg riesce a rimescolare bene le carte di una saga che, all’apparenza, non sembra avere più molto da dire.

Mirko Lomuscio