Una festa esagerata: recensione

Beniamino della risata tutta italiana, Vincenzo Salemme torna ora in sala con un’opera facente parte della sua tradizione da commediante, tratta da una sua creazione teatrale di successo; infatti, dopo averci regalato lungometraggi come L’amico del cuore, Amore a prima vista e …e fuori nevica! , il noto regista partenopeo porta su grande schermo un altro suo testo nato per il palcoscenico, usando i propri tempi comici, ormai marchio di fabbrica della sua carriera, e circondandosi di un gruppo di comprimari che possano fare la differenza in scena.

In questo Una festa esagerata quindi troviamo, oltre a Salemme stesso nei panni dello sventurato protagonista, anche altri attori, alcuni dei quali già vecchie conoscenze del cinema salemmiano, come Tosca D’Aquino, Massimiliano Gallo, Iaia Forte, Nando Paone, Francesco Paolantoni, Giovanni Cacioppo, Andrea Di Maria (della serie Gomorra) e la partecipazione speciale di James Senese, noto suonatore di sax napoletano ma con origini afroamericane.

La storia è quella del premuroso padre di famiglia Gennaro Parascandolo (Salemme), che per i diciotto anni di sua figlia Mirea (Mirea Flavia Stellato) decide di organizzare una festa; solo che lasciando organizzare tale evento alla moglie Teresa (D’Aquino) il party diventa un’occasione al di là delle aspettative, crescendo di preparazione in preparazione, invitando addirittura centinaia di persone.

In tutto ciò non tutto risulterà andare per il verso giusto, tant’è che Gennaro si ritroverà ad avere a che fare con una serie di situazioni e personaggi fuori dal comune; dall’invidiosa vicina di casa Lucia Scamardella (Forte), con a carico il suo anziano padre Giovanni (Paone), al secondino Lello (Gallo), dal prete Don Pasquale (Cacioppo) al fidanzato di Mirea, ovvero il petulante Bebè Cardellino (Di Maria), fino all’arrivo dell’assessore Cardellino (Paolantoni) e del coinvolgimento a sorpresa de sassofonista James Senese.

Un nucleo di personaggi che mostrerà tutto il peggio di sé, nonostante la situazione sia prossima ad una festa.

Senza rinunciare ai ritmi e alla messa in scena tipica del mondo del teatro, Salemme realizza questo Una festa esagerata con i pregi e difetti soliti del suo cinema; i pregi sono rappresentati dalla professionalità comica dei suoi interpreti, tutti attori dai tempi perfetti e caratterizzati degnamente nel mezzo di questo canovaccio (steso dal regista stesso assieme ad Enrico Vanzina e Antonio Guerriero), mentre i difetti arrivano proprio da questo metodo di contestualizzare il tutto con fare prettamente teatrale, sfruttando determinati stacchetti e personaggi vari tagliandoli con l’accetta, senza svilupparli in mezzo a questa trama tragicomica.

E’ così che in Una festa esagerata, nel mezzo di una descrizione pessimista della società d’oggi (dove neanche di fronte ad un morto ci si ferma per la preparazione di un esoso party), Salemme mostra ai suoi spettatori caratterizzazioni forti, gran parte delle quali fini a se stesse; la Forte insopportabile vicina dai calori forti, Gallo secondino poco incline all’intelligenza, Cacioppo prete dalle sfumature disoneste, D’Aquino moglie maniacale e perfezionista e Paone novantenne pensionato dalla salute altalenante. A loro vanno aggiunti altri comprimari come il cameriere Atzoka (un napoletano che si finge indiano per questioni lavorative) di Vincenzo Borrino, la cameriera Carmelina di Antonella Morea e la cuoca di Teresa Del Vecchio, messi nel contesto per mero riempimento.

Nonostante la stanca che c’è alle spalle di questa operazione, Una festa esagerata può sempre strappare due sane risate a chi si accontenta di poco e a chi ama da tempo il mondo cinematografico di Vincenzo Salemme.

Mirko Lomuscio