Troppa grazia: recensione

Ricapitolando: autore in ascesa nel 1995, grazie alla sua opera prima Nella mischia, il regista Gianni Zanasi si mostra al panorama cinematografico sporadicamente, realizzando di tanto in tanto qualche pellicola che possa sempre metterlo sulla retta via dei registi da tenere d’occhio qua in Italia.

Nel 2007, con Non pensarci, dopo una lunga assenza, torna a far parlare di sé, tirando su una commedia deliziosa e accattivante, intrisa della gusta ironia acida tipica del nostro autore, dalla quale poi nel 2009 verrà tratta anche una serie tv.

Tenta di nuovo il colpaccio nel 2015 con un’altra storia critica nei riguardi della società d’oggi, ma pur sempre dalle venature ironiche e graffianti; solo che La felicità è un sistema complesso non mostra le stesse qualità dell’opera precedente di Zanasi e non riesce a bissare il suo tentativo di tornare in auge nella commedia atipica.

Cosa che ora prova di nuovo, nel 2018, con un’altra storia dai toni tragicomici, almeno stando allo spunto iniziale, grazie a questo Troppa grazia, lungometraggio che ha per protagonista una Alba Rohrwacher materna e in piena crisi esistenziale, reduce da un matrimonio in fallimento e nel continuo tentativo di rimanere a galla col suo estenuante lavoro.

Lucia, il nome del personaggio, è infatti una geometra che lavora per conto del Comune, incaricata di controllare un vasto terreno per la fabbricazione di una grande opera architettonica; ma durante il suo adempimento, la donna riceve la visita di una donna misteriosa vestita come La Madonna (Hadas Yaron), la quale le ordina di costruire su quelle terre una chiesa.

Inizialmente incredula, Lucia pian paino farà diventare questa assurdità un caso noto a tutti, dai suoi datori di lavoro, tra cui l’esuberante Paolo (Giuseppe Battiston), al suo ex marito, il cialtrone Arturo (Elio Germano), i quali la vedono come una persona problematica e piena di problemi mentali.

Ma se invece fosse tutto vero? E se in quella zona andrebbe fatto ciò che La Madonna ordina a Lucia? Sarà difficile scoprire la verità su questa assurda vicenda.

Tornato con quella sua coinvolgente voglia di voler parlare della società allo sbando che stiamo vivendo, fatta di persone al di sopra sempre più avide e uomini comuni sempre più alla deriva, Zanasi tira su questo Troppa grazia con un’inventiva che gli è solito mostrare, giocando con un’ironia originale e insolita nel nostro panorama, che di primo impatto funziona anche bene.

E’ con l’andare avanti della trama che le cose si complicano, mostrando parecchi punti deboli sulla forza strutturale del film, scritto a quattro mani dal regista stesso più Giacomo Ciarrapico, Michele Pellegrini e Federica Pontremoli, e aprendo svariate parentesi senza approfondirne degnamente una (dalla stessa apparizione della Madonna al rapporto madre/figlia tra Lucia e la Rosa interpretata da Rosa Vannucci).

Insomma Troppa grazia alla fine sembra essere un altro passo falso del nostro Zanasi, intenzionato a ricreare questa sua narrativa fatta di momenti sarcastici e scenette accompagnate da musiche di tendenza, senza però curarsi di rendersi ben chiaro negli intenti, questi ultimi sorretti giusto da un cast affiatato (dalla Rohrwacher a Germano, fino a Battiston, sono bene o male tutti in parte) e che poco può fare davanti alla caotica resa di questa esile struttura.

Un’ispirazione gestita male ormai sembra attanagliare Zanasi, che speriamo si riprendi per le eventuali opere a venire.

Mirko Lomuscio