Tre di troppo: recensione

Dopo aver esordito dietro la macchina da presa nel 2016 con il titolo, non proprio riuscito, Tiramisù, il comico Fabio De Luigi bissa di nuovo tale esperienza portando sui grandi schermi una nuova pellicola che parla di amori famigliari e l’importanza di crescere figli, tramite un soggetto che gioca molto di fantasia ma che, proprio per questo, dimostra parecchia creatività nel suo sviluppo; Tre di troppo è un lungometraggio pensato ed indirizzato a coloro che pensano che la vita senza figli sia un dono esistenziale, dimostrando che in verità l’opposto a questa filosofia esistenziale potrebbe essere il più idilliaco degli obiettivi.

Spalleggiato dalla talentuosa attrice comica Virginia Raffaele, De Luigi interpreta qua il ruolo del parrucchiere Marco, legato alla bella Giulia (Raffaele) ed insieme portano avanti la loro esistenza di coppia senza figli , prendendosi anche gioco dei conoscenti che invece di pargoli ne sono circondati.

Un giorno, dopo una giornata disastrosa, i due ricevono una maledizione che li porterà ad essere ciò che non hanno mai desiderato di essere: ovvero due genitori.

Al mattino Marco e Giulia, magicamente, si ritrovano per casa tre figli piccoli da crescere, affrontando di conseguenza una situazione a loro inaspettata e che li porterà di fronte a determinate realtà che hanno tentato di evitare; la scuola, le partite a calcetto, gli incontri con altri genitori, il sostegno morale per i propri figli, tutte cose che i due mai pensassero fossero possibili e che ora, senza preavviso, li portano al cospetto di una scelta di vita, lontana da quello che sono stati una volta.

Ciò che colpisce maggiormente di Tre di troppo è lo spunto di partenza che, mai nel cinema contemporaneo italiano, si pensasse fosse possibile, data la sua natura fantasiosa; eppure De Luigi, sotto questo aspetto, stupisce, creando un lungometraggio leggero e a suo modo originale, che riesce a calibrare un tipo di piccolo cinema nostrano memore di titoli come Da grande di Franco Amurri.

Infatti, come in quella pellicola del 1987, questo di De Luigi, che scrive assieme a Michele Abatantuono e Laura Prando, è un film che gioca su un’ipotesi tangibile poggiata molto su una fantasia creativa, creando qualcosa che potesse mettere alla berlina lo sguardo contemporaneo dell’ “essere genitori” e rigirarlo in una morale di facile presa.

Certo, lo svolgimento è un po’ altalenante, a volte il De Luigi regista non sa che direzione prendere col discorso primario della sua pellicola, ma in fondo, quello che si perde in sostanza lo si guadagna in ironia, lasciando che lo spettatore si faccia afferrare dalla presenza dei suoi due protagonisti beniamini della risata, sia del cinema che della tv.

Non stiamo parlando di un capolavoro nel suo genere, Tre di troppo, nella sua massima semplicità, riesce comunque a farsi apprezzare, tirando le somme verso il finale con un’ostentata voglia di colpire al cuore e commuovere, cosa forse non proprio richiesta ma che in conclusione non nuoce all’economia del prodotto.

E poi diciamocelo, è bello notare che il nostro cinema sia ancora capace di idee così creative e fantasiose, senza appoggiarsi alla trama di qualche altro film internazione pronto ad essere rifatto per mano nostra.

Mirko Lomuscio