The son: recensione

Dopo il successo coronato da Oscar del suo precedente film The father – Nulla è come sembra, trasposizione cinematografica di un proprio testo teatrale, il regista di origini francesi Florian Zeller torna sui passi di queste sue opere provenienti dal mondo del palcoscenico, intitolate una Le père, una Le fils e una La mère, per compiere quella che dovrebbe presentarsi come una propria trilogia sulla “famiglia”; infatti, dopo aver parlato della figura paterna con il succitato film premiato all’Academy (statuetta per il protagonista Anthony Hopkins e per la sceneggiatura non originale, di Zeller stesso e Christopher Hampton), il nostro autore si accinge ora a volgere il proprio sguardo sul mondo dei figli con lo struggente dramma The son, utilizzando per protagonista stavolta l’ex Wolverine del mondo marveliano Hugh Jackman, volto sempre più intenzionato ad allontanarsi dai ruoli d’azione ed in cerca di un percorso nuovo in interpretazioni più sentite.

In quest’opera l’attore australiano ricopre i panni dell’uomo divorziato Peter Miller, una persona felice del nuovo corso della sua esistenza, essendo sposato con la giovane Beth (Vanessa Kirby) e padre di un bambino appena nato.
Ma nel passato di Peter c’è già un figlio, avuto dall’ex moglie Kate (Laura Dern), ed è l’adolescente Nicholas (Zen McGrath), un ragazzo che necessita della figura di suo padre per il momento che sta vivendo.

Turbato dall’atteggiamento del giovane, Peter decide di farlo vivere assieme alla sua nuova famiglia, in modo di poter calibrare una determinata armonia nella mente di Nicholas e trovando una nuova felicità esistenziale.

Ma il percorso si rivela essere più complicato di quello che sembra e per lo stesso uomo si tratterà di fare i conti con il proprio passato, il proprio modo di vivere e i propri ricordi di “figlio”.

 

Sfruttando una struttura ed un andamento più classico del precedente ingegnoso The father – Nulla è come sembra, il regista Zeller si cimenta qui in un dramma famigliare a tutto tondo sfruttando un tour de force recitativo all’altezza dell’argomento trattato; date queste basi si capisce che con The son abbiamo a che fare con un titolo meno consono nel ricercare una certa originalità strutturale, ma che come film si fa ugualmente rispettare, scavando a fondo nella drammaturgia della trama e mettendo su carta (e su schermo) personaggi veritieri e coinvolgenti.

Spicca quindi su tutto l’interpretazione di un Jackman intenso, forse mai così profondo, la cui presenza fa da forza trainante per The son, spalleggiato dalla bravura delle comprimarie Dern e Kirby, ma soprattutto del giovanissimo McGrath, il cui Nicholas emana anche fin troppa angosciante crisi esistenziale senza però essere troppo gratuito all’economia della storia.

 

Un’apparizione speciale spetta anche al grande Hopkins, che qua ricopre i panni del poco amorevole padre di Jackman e ci regala un quarto d’ora di grande spirito recitativo.

Lungometraggio che segue la scia dei vari drammi famigliari stile Kramer contro Kramer e Gente comune, The son è una pellicola intensa che colpisce proprio per la sua struttura classica e per il modo in cui si sviluppa degnamente, riuscendo a regalarci un’opera che lascia pensare e commuovere, nell’attesa dell’arrivo del terzo tassello della trilogia di Zeller, quello incentrato sulla figura della “madre”.

Mirko Lomuscio