The piper: recensione

Scavando a fondo nell’immaginario collettivo del mondo delle favole, ecco spuntare in sala un horror che intende prendere una di queste storie e trasformarla in un titolo all’altezza del genere in questione; The piper è un lungometraggio che quindi rielabora la vecchia fiaba de Il pifferaio di Hamelin e la mette al servizio di una trama sul filo della paura, traendo magari ispirazione per la creazione di un nuovo boogeyman da proporre alle nuove generazioni di amanti del terrore.

Per la regia dell’islandese Erlingur Thoroddsen, qua alla sua prima esperienza americana dopo tre titoli girati in Islanda, il film in questione è la storia della musicista Melanie (Charlotte Hope), la quale, per fare bella figura con il suo direttore di orchestra, il perfezionista Gustafson (Julian Sands), decide di recuperare una sinfonia composta da una vecchia mentore misteriosamente deceduta, cui sarà dedicato il prossimo concerto che stanno allestendo.

Entrata in possesso dello spartito, Melanie si rende ben presto conto che la musica scritta in quelle pagine non sono semplici note da suonare, bensì nascondono dietro la propria melodia una qualche maledizione, che minaccia il ritorno di un’entità malefica legata ad una vecchia leggenda europea, quella del pifferaio magico di Hamelin.

Attraverso una struttura che si basa esclusivamente su un crescendo di paura e superstizione, The piper è un horror che si muove molto lentamente, almeno nella sua prima parte, per poi prendere forma come prodotto dalle idee chiare verso lo sconcertante epilogo.

Non un prodotto che brilli per originalità e ispirazione, questo è certo, anche perché la regia di Thoroddsen nulla aggiunge a ciò che è stato detto finora nei parametri del cinema dell’orrore, sta di fatto però che l’opera in questione sa come muoversi, è una visione decente e sviluppa quelle due o tre tematiche associate al regno della musica e all’amore per la propria famiglia (il rapporto tra la protagonista Melanie e la figlia sorda Zoe, interpretata da Aoibhe O’Flanagan) con fare delicato, mai ingombrante.

 

Gioca di atmosfera The piper, è molto classico nella struttura e nello sviluppo dei suoi personaggi, ognuno pedina e sagoma già prestabilita di una visione prevedibile; il cast vede primeggiare uno stuolo di volti abbastanza anonimi, in primis la protagonista Hope, comunque funzionale al suo ruolo, più la partecipazione del compianto ex Warlock, Julian Sands, a cui è dedicata la realizzazione di questo film.

D’altronde in questo tipo di film non conta tanto la presenza scenica degli interpreti, è più la presa che può fare il villain di turno ciò che più si valuta, in questo caso il mostruoso pifferaio di Hamelin, il quale entra in scena in un epilogo all’altezza della situazione ed in cui Thoroddsen sfoggia una certa conoscenza del genere horror (lo stesso mostro entra in scena con un momento memore di Nightmare 2 – La rivincita).

 

The piper è sicuramente un prodotto che non entrerà nella storia del cinema, si lascia vedere e non è totalmente deleterio, nei suoi novanta minuti fa il proprio dovere e allo stesso tempo non impartisce inutili lezioni di cinema, ed il che è cosa buona.

Mirko Lomuscio