Stonewall 1969: recensione

Stonewall 1969 è un GDR (gioco di ruolo) indie tutto italiano, ideato da Stefano Burchi.

Il gioco si basa su un fatto storico realmente accaduto: la rivolta dei clienti del locare omonimo contro l’abuso da parte delle forze dell’ordine. Dopo secoli costretti a vivere in clandestinità, la comunità LGBT ha lottato apertamente per i suoi diritti da quel giorno. Infatti, dopo la rivolta dello Stonewall, nacquero le prime manifestazioni dei gay pride.

Il gioco esplora le vicende personali di diversi individui legati allo Stonewall, e tramite essi analizza, gli eventi che hanno portato al famoso “lancio della bottiglia” che iniziò la rivolta. Il bello di questo GDR è proprio il fatto che costringe i giocatori a impersonare i panni di persone socialmente emarginate (siamo nel ’69  ricordiamoci) e costrette ad essere sé stesse nella clandestinità. All’inizio i giocatori sceglieranno i personaggi che vogliono interpretare, più altri secondari.

Strutturalmente il gioco è free form: non ha un master, ma comunque sono presenti delle regole. Ad esempio, quando un giocatore narra la storia del personaggio, se gli altri giocatori trovano l’argomento piuttosto delicato o disturbante, possono chiedere di non andare oltre. La partita è divisa in prologo, cinque atti ed un epilogo che influenzerà la vita dei personaggi ed il tutto dura un’unica sessione.

I temi più importanti del gioco sono l’empatia ed il linguaggio usato:  il secondo ci fa conoscere noi stessi, la seconda ci permette di esplorare temi scottanti come la violenza domestica, psicologica e sociale, discriminazione, famiglie disfunzionali e razzismo. Si fa un focus anche nella distinzione tra identità di genere, orientamento sessuale ed amore romantico/sessuale.

Insomma, Stonewall è un buon GDR storico che però sa educare le persone al rispetto verso il prossimo, mettendosi nei panni degli ultimi degli ultimi, in una società bigotta e soffocante. Un buon metodo per stimolare l’empatia nel giocatore.

 

Debora Parisi

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