Sound of freedom – Il canto della libertà: recensione

Vero e proprio caso dello scorso anno, dove negli Stati Uniti riuscì a stabilire un record di incassi anche a fronte di avversari come Indiana Jones e il quadrante del destino, arriva ora da noi in sala un film evento che parla di temi scottanti e situazioni difficili che si vivono attorno al mondo, problemi gravi come la pedofilia e il commercio pedopornografico di bambini rapiti dalle loro famiglie; il titolo in questione altri non è che Sound of freedom – Il canto della libertà, diretto da Alejandro Monteverde, e trae ispirazione da una vera indagine federale atta a scoprire uno smercio criminale di minori che parte dal Sud America fino ad arrivare negli stessi USA.

Con il beneplacito produttivo di Mel Gibson, il film è interpretato da Jim Caviziel, noto ai più per essere stato Gesù nell’indimenticato La passione di Cristo, che ricopre i panni dell’agente americano Tim Ballard, il cui compito è quello di scoprire la cellula organizzativa di un’enorme organizzazione pedopornografica e fermarla a qualsiasi costo.

Padre di molti figli, Tim si troverà costretto a prendere la situazione molto sul personale e, spinto anche dalla moglie Katherine (Mira Sorvino), farà di tutto per ostacolare l’orrore a cui sta andando incontro, tanto che l’indagine lo porterà direttamente nel Sud America, in Colombia, dove si troverà ad avere a che fare con determinate scelte professionali e personali, tanto da trasformarsi in un vero e proprio vigilante pur di compiere questa delicata missione.

Portavoce di una problematica alquanto triste e drammatica come il commercio di minori in determinati paesi del mondo, Sound of freedom – Il canto della libertà, superata questa barriera di lungometraggio-progresso che si porta addosso di minuto in minuto, si mostra allo spettatore in tutta la sua toccante drammaticità, esibendo un racconto capace di vacillare tra il thriller poliziesco e il dramma vero e proprio, senza mai sfociare in sensazionalistiche scene d’azione, come un qualsiasi action movie moderno del caso.

Il regista Monteverde mostra una mano sicura e non scema mai l’argomento cardine del suo film con chissà quale parentesi adrenalinica, tutto si gioca sull’emotività in Sound of freedom – Il canto della libertà, le sole poche immagini dei bambini reclusi lasciano quel segno che basta ed inoltre la struttura si sviluppa in una serie di snodi ben riusciti che uniformano degnamente la storia.

Comunque grande potere di intrattenimento lo hanno anche i personaggi presenti, tra cui spicca ovviamente un Caviziel in gran forma che lascia il segno contemporaneamente sia per incisività che per sensibilità, più altri volti forti come quelli di un bravissimo Bill Camp, nei panni del fidato Vampiro, di Javier Godino, di Eduardo Verastegui e di una Sorvino in assoluta partecipazione e basta.

Certo, Sound of freedom – Il canto della libertà sotto certi spetti può risultare abbastanza retorico a livello narrativo, incidendo parecchio sul lato melenso della situazione sito tra le righe della denuncia di questo scottante argomento, ma va detto che a conti fatti l’opera in sé funziona, perché fa molto più che lanciare un semplice messaggio; il film di Monteverde smuove gli animi degli spettatori sbigottiti e mantiene del sano realismo tanto per rendere giustizia ai veri eventi a cui è ispirato, in modo che ogni dettaglio ed elemento sia ben rispettato anche a fronte di una visione d’intrattenimento che, forse, ha la ben voglia di essere un qualcosa difficilmente dimenticabile.

E in questo suo valoroso intento funziona più che alla grande.

Mirko Lomuscio