Sei ancora qui: recensione

L’eredità della letteratura young adult dà ancora i suoi frutti cinematografici, nonostante sembri che la gallina dalle uova d’oro sia stata spremuta abbastanza sotto ogni tipo di genere, che sia horror (la serie Twilight) o fantascientifico (la saga Hunger games); è la volta di uno scritto firmato da Daniel Waters, Sei ancora qui, un libro divenuto, ovviamente, best seller e che prende vita su grande schermo grazie alla direzione del regista Scott Speer, autore di Step Up Revolution e del recentissimo Il sole a mezzanotte.

Protagonista la lanciatissima Bella Thorne, già interprete dell’ultimo titolo succitato e vista in altre pellicole uscite in poco tempo (Amityville: il risveglio, La babysitter e La mia vita con John F. Donovan), qua alle prese con un ruolo centrale nel mezzo di un thriller a sfondo fantasioso, ambientato in un futuro non molto lontano, nel 2020.

Infatti dieci anni fa, nel luogo dove abita la giovane Ronnie Calder (Thorne), un incidente catastrofico ha fatto sì che migliaia di persone perdessero la vita, dando così effetto ad un evento che ha del paranormale; le vittime di quella esplosione sono divenute delle reminescenze spettrali, denominate “i redivivi”, e ormai di giorno in giorno si presentano agli occhi dei loro cari come fossero dei fantasmi, i quali appaiono e svaniscono sempre alla stessa ora.

 

Sullo sfondo di questa situazione Ronnie entra in contatto con uno di questi redivivi, un ragazzo morto accidentalmente, il quale la ossessiona a tal punto da trascinarla in un incubo avvenuto molto tempo fa, nel bel mezzo di un delitto irrisolto.

La ragazza, aiutata dal compagno di scuola Kirk (Richard Harmon), tenterà di risolvere la faccenda, facendo venire a galla verità che mai si sarebbe aspettata di scoprire.

Gira che ti rigira, la tendenza a voler trarre un film da un’opera young adult risulta essere sempre qualcosa di limitato, scoprendo le carte nella sua assoluta superficialità adolescenziale, e lo fa tentando di filtrare per i suoi giovani spettatori trame già servite, in modo migliore, nel passato.

Nel caso di Sei ancora qui è il thriller mistico il genere che viene messo al servizio dell’occhio giovanile da arruffianare, tutto senza rendere conto agli immensi titoli realizzati nel corso della storia del cinema o dei plot ben calibrati dagli stessi prodotti.

La trama, i risvolti, gli stessi protagonisti simil-emo (ricoperti dalla Thorne e da Harmon); tutto è già visto in questo lungometraggio diretto dal disimpegnato Speer, elementi superficiali e poco coinvolgenti che tentano di scimmiottare colpi di scena triti e ritriti, visti in numerose pellicole che evitiamo di citare giusto per non rovinare nulla del finale (per niente originale).

Lo script di Jason Fuchs è quindi un compendio di alzate di tono inutili e languidi scambi di sguardi – che sia tra i giovani protagonisti o tra gli stessi e i loro defunti parenti -, per non parlare della presenza scontata e gratuita di guest come Dermot Mulroney (è il professore August Bittner), il cui personaggio è quello più insulso dell’intera trama raccontata qua, nonostante i risvolti thrilling tendenti al brivido.

Assistere ad un’opera come Sei ancora qui lascia pensare ad una teoria agghiacciante; cioè che determinati film vengono realizzati per quel giovane pubblico pacatamente arretrato di cultura cinematografica, non voglioso di recuperare titoli appartenenti a prima degli anni 2000.

Se parecchi di loro si documentassero in riguardo non avrebbero bisogno di assistere ad un film del genere, o meglio ancora di leggere libri con trame così scontate; se solo sapessero cos’è Le verità nascoste di Robert Zemeckis nessun adolescente sentirebbe il bisogno di una versione filmica di Sei ancora qui.

Mirko Lomuscio