Rabbia furiosa – Er canaro: recensione

Archiviata l’esperienza festivaliera di Dogman di Matteo Garrone, la macabra storia del “canaro” della Magliana (al secolo Pietro De Negri) torna a farsi viva sui grandi schermi, dopo essere stata proposta in una salsa totalmente sociale dall’occhio registico dell’autore di Gomorra; stavolta sta al mago italiano degli effetti speciali Sergio Stivaletti narrare le vicende oscure legate alla vendetta del “canaro”, con la sua terza pellicola da regista (dopo MDC – Maschera di cera e I tre volti del terrore) e facendo largo uso di una creatività narrativa che potesse miscelare nel tutto odio di periferia, violenza, crudezza e, ovviamente, un estremo senso della rivalsa sui più forti (o meglio prepotenti).

Utilizzando per titolo Rabbia furiosa – Er canaro, la presente pellicola sfoggia per protagonista il Riccardo De Filippis di Romanzo criminale – La serie e cuce sulle sue esili spalle un personaggio solido, Fabio, ispirato al noto De Negri, la cui storia prende avvio dopo otto mesi che è stato recluso in un carcere, per un crimine che non ha commesso.

Ad attenderlo fuori le sbarre c’è una sua vecchia conoscenza, Claudio Renzi (Virgilio Olivari), boss di quartiere, che lo accoglie e lo reintegra nel giro d’affari dello spaccio, regalandogli da subito un centro di tolettatura per cani.

Ma i quadrupedi che innanzitutto vengono accolti qua sono coinvolti in combattimenti clandestini, un losco giro di affari di cui Claudio fa parte, il tutto all’ombra di lunghe indagini poliziesche svolte dal commissario Ferri (Gianni Franco).

Sullo sfondo di questa situazione, Fabio cerca però di trovare una sua tranquillità esistenziale, riavvicinandosi alla propria famiglia, composta dalla moglie Anna (Romina Mondello) e dalla figlia Silvia (Eleonora Gentileschi), per poi distaccarsi dalle prepotenze di quartiere di Claudio; solo che quest’ultimo non gli consentirà mai di tornare ad una normale vita pacata, senza però calcolare fin dove un uomo tranquillo sia disposto a subire, perché la vendetta sanguinaria non tarderà ad arrivare.

L’altra faccia del “canaro”, quella della vendetta; con queste semplici parole possiamo descrivere l’ultima fatica del leggendario Stivaletti, lungometraggio che sin da subito prende le distanze dal precedente Dogman, innanzitutto legando esclusivamente l’intera trama ad un concetto di rivalsa.

Rabbia furiosa – Er canaro è un’alternativa cruda ed estrema a ciò che gli spettatori festivalieri hanno potuto osservare con l’opera garroniana, una sorta di escursione della vicenda realmente esistita riportata in toto sui dettagli più importanti, rimasticata in una degna operazione di genere fatta di pura exploitation; si passa dal sociale (il pasoliniano quartiere romano Mandrione fa da sfondo) al dramma umano (militato dalla bravura dei suoi interpreti De Filippis, Mondello e Olivari), con in più cenni di puro western (tanto di colonna sonora “alla Morricone” realizzata da Maurizio Abeni) e parentesi da cinema dark fantasy (l’immagine di Fabio urlante/ululante nel momento del suo cambiamento), Stivaletti non ha voluto lasciare nulla da parte per questa storia vera di periferia capitolina, gettando nel calderone un forte senso narrativo che miscelasse realtà con finzione.

Per arrivare a tutto ciò si avvale quindi di una scrittura decisa e ispirata (da parte sua e dei collaboratori Antonio Lusci e Antonio Tentori), che potesse argomentare e creare più dettagli possibili, come la presenza di una droga sintetica, parte fondamentale del concitato finale intriso di sangue e violenza, concepito come si sapeva fare una volta nel cinema di genere italiano.

E conscio di ciò Stivaletti infila in Rabbia furiosa – Er canaro anche la partecipazione di volti cari a quel panorama, come lo stesso Franco (era in Rats – Notti di terrore), più Giovanni Lombardo Radice e Ottaviano Dell’Acqua; non manca una simpatica strizzatina d’occhio a collaboratori ed amici come Dario Argento e Tom Savini, le cui foto troneggiano al commissariato quali probabili collaboratori di una famigerata associazione a delinquere.

Una trovata, quest’ultima, che sintetizza ottimamente il forte spirito cinefilo su cui si è voluto basare questo Rabbia furiosa – Er canaro.

Mirko Lomuscio