Poveri ma ricchissimi: recensione

Lo scorso Natale la battaglia al box office tra i cinepanettoni italiani la vinse la pellicola Poveri ma ricchi, lungometraggio diretto da Fausto Brizzi ed interpretato da Christan De Sica ed Enrico Brignano, remake di un film francese che narrava le gesta di una comune famiglia proletaria, vincitrice di un biglietto della lotteria multimilionario.

Ovvio che, riscontrato tale successo, il medesimo team si è messo al lavoro su un eventuale sequel, Poveri ma ricchissimi, seppur uscito ora, nel periodo natalizio, in mezzo ad una serie di scandali legati al nome di Brizzi stesso (accusato di molestie sessuali).

Quindi la storia riprende a Torresecca, cittadina immaginaria dove la nostra famiglia protagonista, i Tucci, guidata da papà Danilo (De Sica) e mamma Loredana (Lucia Ocone), vive la loro comune esistenza fatta di supplì e cruda realtà; ci sono anche il fratello di quest’ultima, Marcello (Brignano), più sua moglie Valentina (Ludovica Comello), che aspettano un bambino in arrivo.

Inoltre  anche nonna Nicoletta (Anna Mazzamauro) e i figli dei Tucci, Tamara (Federica Lucaferri) e Kevi (Giulio Bartolomei), più il maggiordomo Gustavo (Ubaldo Pantani), sempre pronto a servire i suoi eterni padroni.
Tutto quindi sembra essere tornato alla normalità, salvo poi scoprire che il capitale milionario, convinti di aver perso, in verità esiste ancora, gestito in gran segreto dal piccolo Kevi e da Gustavo.

Entrati a conoscenza di tale cosa, i Tucci decidono quindi di voler fare il passo più lungo della gamba, tutto pur di non pagare le tasse; ovvero staccare Torresecca dall’Italia, facendola divenire una Repubblica a sé.
Convinto dell’idea di voler fondare un Principato, Danilo si mette a capo di tutto ciò, cercando di dimostrare che la politica può essere anche il loro forte.

Ma gestire un popolo ed un paese non è cosa così facile d’altronde.

Tralasciando il discorso degli scandali che stanno infangando il nome di Brizzi, Poveri ma ricchissimi si presenta agli occhi del suo pubblico di facili pretese con una certa voglia di distaccarsi dalla semplicità del film precedente, mostrando una storia all’apparenza più articolata (scritta da Brizzi stesso col fidato Marco Martani più la collaborazione di Fabio Guaglione e Fabio Resinaro, autori di Mine), ma in verità meno sviluppata nella sua concretezza, lesinata da una messa in scena a tratti facilona, mirata alla battuta fin troppo secca.

Non che tutto sia da buttare, anzi, a suo modo Poveri ma ricchissimi funziona puree bene, grazie soprattutto alla verve dei suoi protagonisti (De Sica e Ocone su tutti, Brignano un po’ più risicato), giusto per ridere di gusto, anche se nel complesso le varie sottotrame e le varie guest sparse qua e là (il comico Paolo Rossi papà recidivo della Comello, Dario Cassini nei panni Presidente del Consiglio, Massimo Ciavarro uomo misterioso e seducente, la misteriosa Chloe di Tess Masazza) si perdono stradafecendo, per non parlare di come la regia di Brizzi ammicchi fin troppe volte ad altri film internazionali (tra i tanti Cinquanta sfumature di grigio e Maleficent), cercando di trarne una parodia; azione sbagliata se realizzata nel mezzo di una commedia tutta italiana, fatta di caratterizzazioni e prese per i fondelli per le tendenze d’oggi (ogni attacco alla politica nostrana è tutta da godere).

A parte queste determinate parentesi fuori luogo, Poveri ma ricchissimi rimane un prodotto natalizio che dovrebbe, e potrebbe, strappare quelle due risate di gioia.

 

Mirko Lomuscio

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