Planetarium: recensione

Opera terza della cineasta francese Rebecca Zlotowski, Planetarium si ispira alla storia reale delle sorelle Fox, tre medium americane che inventarono lo spiritismo alla fine del IXX secolo.

Spostando l’epoca di riferimento nella Parigi degli anni ’30, agli albori del secondo conflitto mondiale, la regista realizza un soggetto intrigante: due affascinanti sorelle Kate e Laura Barlow (interpretate rispettivamente da Natalie Portman e Lily-Rose Depp), note per le proprie capacità di spiritiste, vengono contattate da un produttore che ha intenzione di imprimere una svolta all’industria cinematografica francese, realizzando il primo film in cui vengano mostrati dei veri fantasmi e una vera seduta spiritica.

Il mondo descritto da Planetarium è in evoluzione e si caratterizza per essere un insieme di stimoli, spunti, visioni, avvenimenti di cui con difficoltà ci si rende conto: ed in questa cornice viene ambientato la ricerca di qualcosa di nuovo e diverso di cui nessuno dei componenti è conscio.

Il mondo degli anni che la Zlotowski racconta è ben descritto grazie ai costumi e alle musiche scelte che restituiscono l’aria frizzante assaporata dai ceti più abbienti nelle loro interminabili feste bagnate da fiumi di champagne.

Alla bellezza della fotografia, a una buona abilità registica che fa muovere i suoi personaggi alla scoperta dell’ignoto, nel voler fermare con la magia del cinema l’invisibile, si contrappongono confusione e approssimazione nell’intento di unire riflessioni sul mondo filmico e sulle illusioni della creazione artistica.

Per finire, poi, con un tocco di antisemitismo, con richiami agli albori della stagione del nazionalsocialismo.

Il risultato è un calderone che non riesce a trovare un proprio equilibrio, che non riesce ad approfondire nessuno dei temi trattati e che produce nello spettatore, solamente, smarrimento.

Federica Rizzo

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