Personal shopper: recensione

Nel thriller drammatico francese Personal shopper, in sala dal 13 aprile 2017, il regista Olivier Assayas, la cui sua ultima opera è Silis Maria  del 2014, racconta la storia della giovane americana Maureen, interpretata da Kristen Stewart divenuta famosa per la saga Twilght del 2008, personal shopper trasferitasi a Parigi per seguire la sua cliente, la star Kyra, Nora Von Waldstatten.

La ragazza ha il dono di comunicare con gli spiriti e nel tentativo di trovare la pace interiore provando a stabilire un contatto con il fratello gemello Lewis, morto a causa di un problema cardiaco di cui lei stessa è affetta, entrerà in contatto con una presenza sconosciuta.

In Personal shopper si affronta il rapporto tra il mondo degli spiriti e la realtà, argomento diverso da quelli trattati dagli autori francesi, riuscendo a suscitare curiosità coinvolgendo senza spaventare, e dando spazio a riflessioni e interrogativi sulla possibile esistenza di una vita parallela costituita da anime.

Ciò che penalizza il tema è la mancata sensibilità e profondità della Stewart, la quale risulta non presa dalle forti emozioni del suo personaggio, che oltre a vivere l’elaborazione di un lutto, deve fare i conti con la lotta interiore nei confronti dell’ambiente in cui lavora, da cui è attratta e nauseata contemporaneamente.

Un ambiente che la spinge ad affrontare la paura di trovare una propria identità, a capire come vorrebbe essere veramente attraverso un’analisi interiore, ad aumentare il suo turbamento e la suspense anche dei misteriosi messaggi ricevuti al cellulare.

La pellicola è scorrevole e l’atmosfera trasporta lo spettatore nei luoghi della trama, valorizzati da una bella fotografia che ne cura i dettagli esaltandone le varie sfumature gotiche e noir, attraendolo fino alla fine per scoprire la conclusione.

Interessanti anche i riferimenti che legano lo spiritismo a Victor Hugo e a Hilma af Klimt che guidano in un certo senso Maureen.

 

Emanuela Giuliani

© Riproduzione Riservata