Otzi e il mistero del tempo: recensione

Amici del cuore, venuti da un altro pianeta, al cinema ne abbiamo visti, a partire d quel caposaldo quale è E.T. L’extraterrestre di Steven Spielberg, e da allora molti derivati ne sono usciti fuori col tempo, che siano stati realizzati in suolo statunitense (come dimenticare il weirdo Il mio amico Mac?) o anche qua in Italia (non molto remota è l’uscita dello scult Grotto di Micol Pallucca); e sempre guardando dalle nostre parti, dove la cinematografia è mero territorio buono per commedie e drammi, ecco arrivare una nuova avventura al di là del normale, dove un gruppo di ragazzini fanno la scoperta della loro vita, andando incontro ad un’amicizia particolare.

Tale amicizia nasce tra le mura del Museo Archeologico dell’Alto Adige di Bolzano, dove è conservata una mummia ormai nota a tutti, ovvero Otzi, l’uomo venuto dal ghiaccio, reperto realmente esistente che ha dato spunto ad alcune menti nel tirar su questa pellicola pregna di fantasia e di elogi all’affetto, proprio come nei cari e vecchi anni ‘80.

Diretta da Gabriele Pignotta, il cui nome è legato al mondo del cabaret e già cimentatosi dietro e davanti la macchina da presa con Ti sposo ma non troppo, Otzi e il mistero del tempo è una pellicola che vive di immaginazione, sfruttando le magnifiche location del Sudtirolo in modo da tirar su un prodotto per ragazzi proprio seguendo le lezioni spielberghiane del caso; cast di giovanissimi a presenziare come protagonisti, rappresentati dal trio Diego Delpiano, Amelia Bradley e Judah Cousin, più la presenza dei due volti adulti di Alessandra Mastronardi (con capello bianco), nei panni della cattiva di turno, e di Vinicio Marchioni, a cui spetta un ruolo paterno.

La storia prende inizio quando il piccolo Kip (Delpiano), orfano di madre, si vede costretto a lasciare la casa dove abita col padre Carl (Marchioni); ma prima di andarsene, il giovane, assieme agli amici Anna (Bradley) e Elmer (Cousin), decide di voler dare un ultimo saluto a Otzi (Michael Smiley), la mummia rinchiusa al museo.

Ma per magia quest’ultima prende vita e fugge assieme al trio di ragazzini, mostrando loro il segreto dei suoi poteri e le possibilità di utilizzare il tempo nel modo più giusto possibile, lontano dalle grinfie di chi invece ha scopi meno benevoli; ad esempio la malvagia Gelida (Mastronardi), una strega che vuole assolutamente catturare Otzi per prendergli il segreto della sua magia, ma Kip e i suoi amici non consentiranno mai una tale cosa.

Come una qualsiasi favola per ragazzi che faceva capolino nel pieno del decennio eigties, questo Otzi e il mistero del tempo appare nelle nostre sale con tutta la creatività richiesta dal genere che tratta, cercando di costruire un racconto dall’impatto internazionale che possa far felici estimatori di ogni dove; diciamo che il lavoro di Pignotta sa rendersi piacevole sotto questo aspetto, regalando la visione di un lungometraggio memore di quel fantasioso modo di raccontare, senza strafare o risultare fin troppo ridicolo in parecchi aspetti, da quello infantile (le situazioni tra i piccoli protagonisti) a quello che sconfina nel messaggio di crescita (a tal punto è da citare il finale) .

C’è del lavoro di mestiere in Otzi e il mistero del tempo, un risultato che da una parte regala il degno impatto visivo (dignitosi effetti CGI) e narrativo, mentre dall’altra riesce a giocare bene il suo ruolo di opera citazionista (oltre alla vicenda stile E.T., anche un gruppo di piccoli amici memore de I Goonies, ambientazione avventurosa compresa).

Certo, a livello di scrittura il film ha le sue piccole pecche, ma proprio minime, ed in più, in quanto prodotto dagli esiti esterofili, l’apparizione degli italiani Mastronardi e Marchioni, nonostante ci mettano evidente buona volontà, risente del doppiaggio nostrano (magari in lingua inglese è tutt’altra cosa), ma sono elementi che alla fine non sfocano più i tanto, perché Otzi e il mistero del tempo è un compitino ben fatto, in grado di mostrare che c’è altro da dire nella cinematografia italiana, oltre che far esclusivamente piangere o ridere.

Mirko Lomuscio