Oriental Sunset

Storia partecipante all’iniziativa: Writing Challenge – Spotify wrapped 2022.

Personaggio assegnato: Tarabas (Fandom Fantaghirò)

Brano scelto: “Oriental SunSet” Emian

Tarabas aveva attraversato quel deserto, senza nome da solo, con la sola guida delle stelle del cielo notturno, e della sua sola volontà di giorno. Lo aveva fatto anche senza l’aiuto dei suoi poteri magici: aveva giurato a Fantaghirò che mai più avrebbe usato la magia per fare del male, e così aveva fatto.

Certo, avrebbe potuto creare con un semplice incantesimo acqua o un riparo, per dissetarsi e ristorarsi, ma Tarabas, essendo stato il più grande degli stregoni, dopo suo padre Darken, sapeva fin troppo bene che ogni utilizzo improprio, o leggero, della magia richiedeva un prezzo da pagare: si doveva mantenere l’equilibro delle forze e della natura, altrimenti sarebbe stato di nuovo caos e lui non poteva permettere che la malvagità che aveva respinto in fondo al suo cuore e alla sua mente prendesse il sopravvento.

Non sapeva più da quanto tempo fosse in viaggio, però doveva essere tanto, dato che i suoi vestiti, una volta lussuosi e perfetti, ora apparivano logori, ciò più che stracci; le sue membra erano stanche, il corpo dimagrito e la barba ormai cresciuta.

Tarabas vide che il sole stava per tramontare su quel deserto tutto dune, oro e vento, per uno come lui, abituato ad orientarsi nelle foreste e sulle montagne, quel luogo all’inizio gli aveva creato non poche difficoltà.

Certe volte era stato sul punto di cedere e lasciarsi andare alla sfinitezza e all’arsura delle giornate, o al gelo delle notti desertiche, dove attendeva l’alba senza riparo dalle violente tempeste di sabbia, se non il suo magico mantello.

Solo due volte in quei giorni di cammino nel deserto aveva incontrato viandanti: una prima volta incontrò un gruppo di strani viandanti: erano uomini dalla pelle scura e dai vestiti blu cobalto, in sella a delle strane cavalcature, molte più alte e robuste dei cavalli,e che sputavano anche, Tarabas non aveva mai veduto creature simili: erano vere eppur sembravano fantasia.

Quella volta, il capo di quegli uomini avvolti in tessuti blu e oro, gli aveva domandato se avesse voluto un aiuto.

“So riconoscere un uomo dal cuore nobile, e un principe, quando lo vedo. Voi non dovreste viaggiare da solo, forestiero” gli aveva detto l’uomo in quella sua lingua musicale, ma un po’ ruvida e dai suoni aspri e veloci.

“Vi sbagliate, sono stato un principe sì, ma non dal cuore nobile. Vi ringrazio del vostro aiuto, ma ho bisogno di proseguire da solo, il peso che porto io non lo dovete portare anche voi”. Aveva risposto Tarabas, lasciandolo poi andare, dopo aver condiviso con lui e con gli altri uomini dai grandi occhi neri il cibo e l’acqua che gli veniva offerto.

La seconda volta che incontrò qualcuno in quel suo cammino solitario tra le dune, fu quasi uno scontro.

Quell’uomo gli era piombato  addosso dal cielo, o almeno così pareva.

Era un tipo strano, un mago forse, più uno stregone, aveva ipotizzato Tarabas, avvertendone la sua magia vibrare nell’aria.

Lo straniero che portava orecchie leggermente a punta, lunghi capelli neri e grandi ali nere sulla schiena non aveva detto molte parole, ma quelle che aveva detto nascondevano molto altro.

Tarabas lo capiva bene, perché anche lui nel profondo cuore si sentiva spezzato, ma non osava dirlo ad alta voce. E, quando la memoria e i ricordi di lei, della dolce Fantaghirò, venivano a galla, anche solo parlarne era doloroso.

“Sei ferito straniero?” Domandò Tarabas all’altro, dopo averlo aiutato a rialzarsi.

“Sto bene, ho superato ben di peggio. Fa attenzione alle tue spalle, questo posto è pieno di mercenari e gente senza scrupoli, e se scoprono che anche tu possiedi la magia, finirai a combattere come uno schiavo a comando, come lo sono finito io, ma io non ho più niente da perdere, tu forse sì?” Gli domandò lo straniero, che aveva intuito molto di Tarabas anche solo con un’occhiata.

“Come fai a sapere che anche io sono uno stregone?” Tarabas era stupito e confuso, si sentiva esposto: età così facile decifrare i suoi perché?.

“La magia può anche non essere manifesta, ma si sente. E tra maghi o stregoni ci si riconosce. Io l’ho visto dal tuo sguardo e sento nel tuo cuore che sei qui perché hai perso la strada, la motivazione, forse hai perso qualcuno?”.

Lo straniero dagli occhi bruni e dagli strano tatuaggi neri sul corpo, sorseggiò volentieri l’acqua che Tarabas gli porse.

“Non si può perdere chi non hai mai posseduto davvero. Lei non è mai stata mia e adesso non c’è più.” Rispose Tarabas, perdendosi nel riflesso delle fiamme del falò che il mago straniero aveva acceso.

“Io invece ho rinunciato alla mia famiglia, per proteggerla. Ora sono un mago errante e talvolta combatto. Non mi importa per chi, mi basta mettere a tacere il cuore con il clangore della battaglia, con l’energia della magia”.

Lo straniero, che rispondeva al nome di Simenon Vargas, prima di lasciarlo, aveva chiesto a Tarabas di unirsi a lui e al suo gruppo, che al momento era disperso a causa di una tempesta di sabbia e magia, ma Tarabas anche quella volta declinò, percepiva che quel mago gli era affine, ma non gli sarebbe servito seguirlo, né combattere per sanare le ferite del suo cuore.

Fantaghirò era morta: era stata la mano di suo padre a fermarle il cuore, ma la colpa era sua, perché non si era piegato al volere dell’Oscuro Signore, suo padre Darken, così facendo aveva perso lei e anche se stesso.

Mentre Tarabas vagava con la mente a questi pensieri, il sole stava per tramontare sul deserto senza nome, e così anche sulle sue speranze, illusioni fini e fragili come sabbia.

Il tramonto a oriente era uno spettacolo unico e bellissimo e Tarabas desiderò con tutto se stesso che la sua dolce Fantaghirò fosse lì a vederlo, avrebbe forse riso di lui, o si sarebbe emozionata anche lei di fronte ad un così bel caleidoscopio di colori?

Tarabas non lo sapeva, non lo avrebbe mai saputo. Si sdraiò avvolgendosi nel mantello e lasciandosi cullare dal sonno, si addormentò pensando a lei, mentre intorno scendeva il buio e si accendevano le prime luminose e impertinenti stelle.

Una farfalla dai mille colori e dalle ali luminose volò sopra lo stregone addormentato e, sul suo volto, si dipinse un sorriso, mentre sussurrava nel sonno il nome del suo amore: Fantaghirò, sempre e solo Fantaghirò.

 

Samanta Crespi

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