Il primo giorno della mia vita: recensione

Preso a gongolare sul successo di uno dei suoi titoli più riconosciuti quale è Perfetti sconosciuti, che detiene il record di film più riproposto in giro per il mondo (finora conta almeno sedici remake in vari paesi del globo), il regista Paolo Genovese per il proseguimento della sua attività insiste nel proporre al grande pubblico opere che man mano si allontanano dal divertimento leggero, puntando sempre più su un tipo di dramma più sentito; lo si è notato con i precedenti The place e Supereroi e lo si conferma nuovamente con l’ultimo Il primo giorno della mia vita, opera che vira tra il fantastico e il drammatico grazie all’ausilio di un cast di nomi forti.

Toni Servillo, Margherita Buy, Valerio Mastandrea e Sara Serraiocco primeggiano in questo titolo che guarda a Il cielo sopra Berlino di Wim Wenders e cerca di far proprio un discorso esistenziale, gestito con una certa filosofia del caso; la storia comincia quando uno sconosciuto (Servillo), in una notte tempestosa, raccoglie con la propria auto quattro persone vittime di un suicidio.

Loro sono l’oratore motivazionale Napoleone (Mastandrea), la poliziotta Arianna (Buy), l’ex ginnasta Emilia (Serraiocco) e il giovane youtuber Daniele (Gabriele Cristini), i quali si ritrovano a dover alloggiare in un albergo di Roma sospesi nell’aldilà, alla ricerca di una risposta concreta sul folle gesto che li ha spinti ad arrivare a tanto.

Tra pensieri, confronti, scoperte e sorprese i nostri arriveranno ad una decisione definitiva, tirando le somme su ciò che possa dare felicità in una esistenza voluta e vissuta.

Cosa abbia spinto Genovese a realizzare Il primo giorno della mia vita è come minimo la prima cosa da chiedersi, ed arrivare a pensare che la sua idea era quella di confrontarsi con un cinema più sentito come il succitato titolo di Wenders ed altri mostri sacri qua visibilmente citati (si guarda anche ad Ingmar Bergman qua) allora il dado è tratto, trovandoci di fronte ad un lungometraggio che nelle sue due, faticose, ore di durata non fa altro che filosofeggiare sul senso della vita e della morte, senza sinceramente capire dove voglia arrivare.

E a visione conclusa il dubbio rimane sempre, lasciando che questo film si prenda sul serio di minuto in minuto avendo fatto spalleggiare attori di un certo calibro come Servillo, la Buy e Mastandrea come fossero alle prese con un’opera trascendentale, ed invece trattasi semplicemente di un titolo che non varcherà la soglia della memoria a visione conclusa.

Purtroppo Il primo giorno della mia vita sa molto di pasticcio ambizioso, creato per portare lo spettatore al cospetto di un trattato esistenziale ma senza minimamente preoccuparsi del fattore noia che aleggia per tutto il tempo; si ha l’impressione che Genovese qua non sappia dove portare il suo racconto e neanche cosa cercare di dire in conclusione, lasciando che il tutto si arricchisca di facce note, data anche la gratuita presenza di Vittoria Puccini, nei panni di una “collega” di Servillo, di Giorgio Tirabassi, un poliziotto amico della Buy, e di Lino Guanciale, il cui ruolo nella trama sinceramente non è ben chiaro a conti fatti.

C’è poco da girarci intorno, Il primo giorno della mia vita è un’opera malriuscita e per niente accettabile, non tanto per la sua forzata morale sul “senso della vita”, ma più perché si presenta come film italiano dal tocco diverso quando invece è un vero e proprio obbrobrio italiota che speriamo non venga riproposto in remake internazionali, sebbene il film stesso è un remake non dichiarato de Il cielo sopra Berlino.

Mirko Lomuscio