Nina sente: recensione

“Quando ti viene data la possibilità di scegliere se avere ragione o essere gentile, scegli di essere gentile”.

Nina Forte cominciava a dubitare di questo.

Dopo essere uscita con immensa fatica dal baratro della depressione, aveva davanti a sé una vita scomposta in pezzi, uno più ammaccato dell’altro. Le sue energie spese per farli combaciare tutti in un quadro accettabile.

La fine del suo matrimonio dovuta a un tradimento, un figlio alle prese con l’adolescenza e un lavoro che non era in cima alla lista di preferenze: la licenza NCC di autista ereditata da suo padre, ammalatosi di demenza senile troppo presto.

Nina si muove quasi per inerzia nelle sue giornate, alla ricerca di una nuova identità.

Ha un contratto di lavoro con la Banca Sempre che le fornisce un certo numero di clienti fissi.

Trovo metaforico il fatto che passi la maggior parte della sua vita dentro l’abitacolo di un auto, paradossalmente ferma mentre il resto del mondo scorre fuori e intorno a lei.

È proprio con le chiacchiere che serpeggiano nell’ambiente di lavoro che Nina scopre la situazione complicata in cui versa la Banca, dove lavora anche Guido, suo amico da tanti anni, che nonostante i problemi rimane l’uomo gentile e attento di sempre.

A questo proposito, Nina riceverà l’ennesima batosta della sua vita, e troppo stanca vorrebbe lasciarsi ricadere nuovamente nel buco nero del nulla. Ma la presenza delle sue amiche e di suo fratello si rivela di grande aiuto. Nina sente così  la voglia di interrompere questa mobilità che da troppo tempo la inchioda alla vita. Sente la spinta a ad agire, a sfruttare quello che sa per fare giustizia e trovare il suo posto nel mondo.

Nina è una donna fragile ma è proprio nelle crepe della sua fragilità che trova la forza di andare avanti.

Nina sente.

 

Erika Carta

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