Meglio sole che nuvole: recensione

“L’acqua è calma e limpida, nemmeno un’increspatura, nessuna onda: una clessidra piena di cielo.

[…] Tocca una donna dove più le piace, dice Ovidio, toccala proprio nel suo minuscolo stagno, e vedrai i suoi occhi risplendere.

Ho aperto le gambe all’acqua e ho steso in fuori le braccia come ali, chiudendo gli occhi perché solo loro possano sapere se risplendono”.

Vi capita mai di non riuscire a staccare gli occhi dalle pagine di un libro?

Succede spesso con i gialli, i thriller mozzafiato, con romanzi enigmatici e fitti di misteri, quando fremi per sapere la fine.

A me capita anche con libri come questo che, al contrario, vorrei non finissero mai.

Trovo difficile sollevare lo sguardo e tornare alla realtà. E quando inevitabilmente accade, mi rendo conto che i miei occhi sono pieni d’altro.

“Io adoro il tramonto! Quel genere di bellezza… mi disarma. Mi fa tornare a casa camminando all’indietro come una stupida, riempiendomi gli occhi di colore”.

Ogni parola scritta nero su bianco entra in circolo lasciandomi piacevolmente infestata di meraviglie.

È una sensazione a doppio taglio. Trovo un’affinità quasi simbiotica con la protagonista che ogni giorno e ogni notte osserva ciò che la circonda: sono attimi fermi di attenta bellezza, ma allo stesso tempo c’è quel sottile filo di malinconia consapevole che rende ogni emozione più forte, ti fa percepire i contorni nitidi del corpo. Sei viva nel mondo.

Meglio sole che nuvole è questo. La protagonista, J, si trasferisce a Miami dopo un lungo e fallito matrimonio.

Deve decidere se congedarsi dall’amore ed è difficile farlo, perché lei vibra ancora e sempre di energia e speranza.

Così J, dal suo appartamento in un condominio di 22 piani, ci racconta le sue giornate, in modo semplice e potente.

Ripercorre con il pensiero e non solo, le storie d’amore passate, in cerca di piacere e compagnia ma ama stare anche sola a prendersi cura del vecchio gatto Buster e di un’anatra che vive nel lago e proprio non ne vuol sapere d’essere salvata.

Ci sarà lo sbocciare di un’amicizia importante che le aprirà gli occhi su questo argomento tanto dannato, quale l’amore.

E per tutto il libro poi, c’è il suo Ovidio, poeta che ha conosciuto da giovane e che da sempre è guida per la sua visione del mondo.

J legge e si impegna nella traduzione della sua opera, trasmutando i significati alla realtà.

Le pagine scorrono come acqua che dalla baia si riversa ruggente nel mare nero in fondo e poi ritorna, calma e luccicante.

Ed è un qualcosa che ti entra dentro, che disturba e mette in discussione.

E per me non c’è sensazione migliore da mantenere, una volta chiusa l’ultima pagina.

 

Erika Carta

© Riproduzione Riservata