L’uomo dal cuore di ferro: recensione

Nel mondo del cinema non si finirà mai di parlare di crimini nazisti, una piaga storica che ha saputo alimentare la voglia di alcuni registi nel voler dire la propria riguardo a tale tragedia, che sia il revisionismo di Steven Spielberg (Schindler’s list – La lista di Schindler) o la fantasia comica di Roberto Beningni (La vita è bella) o il tocco (auto)biografico di Roman Polanski (Il pianista); ovviamente tale elemento ha saputo infondere maggior paura tramite l’Olocausto, massacro organizzato a livello mondiale di cui ancora oggi riesce difficile capirne l’esistenza, ma soprattutto anche attraverso i maggiori fautori di questa pagina nera, che sia l’onnipotente Adolf Hitler o il suo braccio destro Heinrich Himmler.

E proprio sotto la guida di quest’ultimo un altro figuro gravemente importante ha dato il suo contributo a riguardo e questi è l’ufficiale delle SS Reinhard Heydrich, un uomo che ha fatto uccidere e massacrare numerosi innocenti a nome del suo codice (im)morale e del governo nazista; morto a seguito di un attentato, questo personaggio è stato quindi ben descritto in un libro recente, datato 2014, firmato da Lurent Binet ed intitolato HHhH.

Da tale romanzo è stato quindi tratto un film tutto suo, un’opera che potesse estrarre per immagini quella potenza che aleggiava tra le righe di questo scritto senza però trovare un compromesso che lo limitasse; per la regia del Cedric Jimenez di French Connection, ecco quindi arrivare nelle nostre sale L’uomo dal cuore di ferro, un trattato filmico di ciò che Heydrich è stato capace di fare durante il suo comando e anche dopo aver lasciato questa vita terrena.

Nei panni del temibile ufficiale nazista troviamo il Jason Clarke di Terminator Genisys mentre in quelli della moglie Linda Von Osten è possibile vedere la Rosamund Pike de L’amore bugiardo – Gone girl; a completare il cast la presenza di Jack O’Connell, Jack Reynor e della Mia Wasikowska di Alice in Wonderland.

Con un avvio che apre le danze proprio nel giorno dell’attentato ad Heydrich (Clarke), il film fa un lungo passo indietro guardando ai suoi natali di ufficiale nazista, dai legami sentimentali che lo porteranno a Linda (Pike) fino alle beghe legali passate a causa del suo libertinismo sfrenato; ma l’appoggio del potente Himmler (Stephen Graham) farà sì che Reinhard possa trovare una sua strada, tanto da portare la sua tenacia di ufficiale delle SS tra le figure più temibili del caso, scatenando le ire di alcuni ribelli appartenenti alla Resistenza Ceca, anche pronti ad organizzare un attentato che possa porre fine alla vita dello spietato nazista.

Lungometraggio che guarda al passato utilizzando una struttura spaccata in tre parti, L’uomo dal cuore di ferro girato da Jimenez è un titolo che dalla sua parte si ritrova ad avere una descrizione dei fatti e degli eventi resa senza fronzoli, atti a non voltare verso una conclusione che possa portare al romanzato spudorato; partendo come un biography, proseguendo in qualità di combat movie e concludendo nel dramma più assoluto, quest’opera tenta tale approccio originale col fine di poter delineare ogni singolo personaggio coinvolto nel modo più analitico possibile, mostrandoci punti deboli e forti dell’Heydrich di un adeguato Clarke e del suo contorno che concretizzano di molto il contesto della vicenda narrata (in primis i ribelli interpretati da O’Connell e Reynor).

Certo, tale criterio non dà modo di rendere ben chiari alcuni argomenti e personaggi, soprattutto quando vengono messe in mezzo le figure femminili (la Linda della Pike, la Anna della Wasikowksa), ma se siete in cerca di un’ennesima pellicola che metta il suo obiettivo verso gli orrori dell’Olocausto con fare ispirato, L’uomo dal cuore di ferro è la visione che fa per voi, senza elevarsi a capolavoro ma regalando agli spettatori un qualcosa che possa sempre colpire per la crudezza e l’avvicinamento utilizzato negli eventi narrati, incompleto nella resa narrativa forse, ma comunque incisivo in ciò che descrive a viso scoperto.

Mirko Lomuscio