L’ora più buia: recensione

E’ stato uno dei più grandi statisti a livello mondiale, nonché uno dei maggiori nomi che hanno significato di più durante il corso della Seconda Guerra Mondiale; Winston Churchill, indimenticato Primo Ministro britannico, è ancora un simbolo per molti, ritenuto d’obbligo come colui che portò l’Inghilterra a testa alta durante il conflitto mondiale in questione, senza cedere alle lusinghe del nemico nazista e ai suoi accordi di negoziazione.

Un personaggio quindi che anche la cinematografia e la televisione hanno avuto modo di trattare, chi utilizzandolo da protagonista e chi no; tra i molti titoli citiamo Into the storm – La guerra di Churchill, Guerra imminente, Gli anni dell’avventura e il recentissimo Chruchill, una lista di film in cui il noto Primo Ministro è stato interpretato da attori in parte, e fisicamente somiglianti a lui, quali sono rispettivamente Brendan Gleeson, Albert Finney, Simon Ward (questo in una versione giovanile) e Brian Cox.

A loro adesso si aggiunge un’altra performance che non lascerà davvero indifferenti, ovvero quella che il film L’ora più buia si accinge a portare sui grandi schermi; diretta dal Joe Wright di Orgoglio e pregiudizio ed Espiazione, la pellicola vede nei panni del corpulento Churchill un irriconoscibile Gary Oldman, lontano anni luce dai suoi vezzi fascinosi e mefistofelici, qua totalmente immerso in una performance ricca di sfumature (e make up) pronta a primeggiare davanti agli occhi di tutti.

Il film parte dal 1940, anno in cui Churchill viene eletto Primo Ministro, nonostante lo sbigottimento di molti suoi colleghi, e ciò che quest’uomo dovrà affrontare è il conflitto mondiale a cui dovrà andare incontro il suo governo e l’Europa intera

Tra strategie politiche e militari che non portano nulla di buono, il nostro statista si troverà infine di fronte ad un bivio, perché se non accetterà il negoziato offerto dal governo nazista di Hitler sa di andare incontro a sconfitta certa, complice la disfatta di Dunkerque.

Nonostante ciò, Churchill non è persona che si lascia sopraffare da tale situazione, in lui d’altronde credono anche altre persone come sua moglie Clementine (Kristin Scott Thomas) e lo stesso Re Giorgio VI (Ben Mendelsohn), e tanto basta per poter proseguire la sua personale battaglia contro i nemici situati sia fuori che dentro l’Inghilterra.

Con occhio attento ad ogni sfumatura storica del caso, il regista Wright porta in scena il suo L’ora più buia nel modo migliore possibile, miscelando cinema e senso del didattico, compresa una descrizione attenta dei fatti, il tutto senza rinunciare ad un sottotesto ironico servito dalla caratterizzazione leggera fatta nei riguardi di Churchill.

Il film ruota attorno al suo protagonista proprio come uno Steven Spielberg qualsiasi fece nel 2012 con il proprio biography su Lincoln, lasciando spazio totale al suo perfetto protagonista; ma il tutto senza che Wright faccia troppo ricorso ad un impianto meramente teatrale, azzardando quindi a giochetti emotivi che solo la macchina filmica potrebbe regalare (da citare in tal caso la sequenza in metropolitana).

Certo, nel suo essere compiaciuto riguardo al materiale narrato, L’ora più buia a tratti può sembrare eccessivamente noioso e lo script ad opera di Anthony McCarten pare voler essere a conti fatti un prodotto da gemellare meramente con altre opere adiacenti per argomento, come Il discorso del Re di Tom Hooper e il contemporaneo Dunkirk di Christopher Nolan, ma d’altronde il suo lavoro di emozionare e rendere onore ad una grande figura storica lo fa anche fin troppo bene.

E poi, infine, c’è lui, Oldman, che qua regala una performance impressionante e camaleontica, da ammirare di minuto in minuto per il modo in cui l’attore si allontani sempre più dalla propria immagine ed assomigliare spudoratamente al controverso Churchill; uomo saggio e combattivo, scontroso e visceralmente ironico, qua ricordato in una sorta di monumento filmico quale è L’ora più buia e l’interpretazione del magistrale Oldman.

 

Mirko Lomuscio

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