Lo sciamano delle Alpi: intervista esclusiva a Michele Marziani

Michele Marziani ha scritto e pubblicato diversi libri. Con nessuno ha vinto ancora il Premio Strega e neppure il Pulitzer. 

Ha lavorato a lungo come giornalista, poi come editor. Da una decina d’anni conduce laboratori di scrittura narrativa.

È nato a Rimini nel 1962. Oggi vive in alta Valsesia, sulle Alpi piemontesi, in un piccolo paese che si chiama Campertogno. 

Parlaci un po’ di te…

Leggo. Tantissimo, da quando ero bambino. Quando non leggo scrivo. Altrimenti passeggio nei boschi, raccolgo funghi ed erbe selvatiche. Esploro torrenti. Pesco le trote. Mi piace perdere tempo in cucina e dormire tantissimo. Ho viaggiato molto, soprattutto in Italia e in Europa, poi ho scelto per vivere in un piccolo paese alle pendici del Monte Rosa. Si chiama Campertogno, 231 abitanti, 900 metri d’altezza.

Cosa ti piace leggere?

Tutto. Non faccio altro che leggere: romanzi, saggi, libri di cucina, giornali, riviste di carta e on line, etichette dei prodotti, libretti di istruzioni, cartelli stradali. Leggo sempre. Amo però tantissimo la letteratura americana e gli scrittori italiani del Novecento. Dovessi citarne uno direi Faulkner per gli americani e Pavese per gli italiani. Ma mentre lo dico già mi pento e li vorrei cambiare. Poi i russi… E la letteratura del nord Europa? E gli scrittori svizzeri… E certi tomi di filosofia il cui piacere è provare ad uscirne vivi?

Qual è il tuo hobby?

Ops, mi sembrava di essere stato chiaro nel rispondere alla domanda precedente.

Parlaci del tuo libro. A chi lo consiglieresti e perché?

È una storia, un romanzo, e come tale è indicato per chi vuole trovare uno spaccato di vita che non è il suo. O, al contrario, per trovare un pezzetto di qualcosa di proprio. Direi che è un libro adatto a chi si interessa di cure naturali, di salute e malattia, di montagna, di pesca alla trota, di come cambiare vita, di come fuggire da una famiglia, di come formarne una nuova, dell’Iliade, dell’Odissea, dell’alta finanza e di come le persone peggiori se la cavano sempre. Ma saranno poi i peggiori?

Bonus per chi vive in Piemonte e in Lombardia e per chi ama il lago d’Orta, l’Ossola, la Valle Antrona e l’Irlanda.

Come sono nati i personaggi?

Per caso, come sempre accade, assieme alla storia. Prendono forma piano, acquistano vita propria e quando cominciano a fare quello che vogliono, allora è il momento giusto per raccontarli. D’altra parte un autore è un narratore, uno che scrive, mica un domatore.

Ti è mai venuto il blocco dello scrittore?

No, il blocco no. A volte ho una sorta di pigrizia, tendo a procrastinare l’inizio di un nuovo libro, invento scuse per cominciarlo domani. Ma quando parto i fogli si riempiono quasi da soli. È come se si aprisse una diga.

Quali sono le tue fonti di ispirazione?

Le storie si incontrano per caso. Ti chiamano loro. Vedi tante persone ma una all’improvviso ti incuriosisce. Leggi molti giornali poi un ritaglio insignificante non ti lascia dormire per una notte intera. Le storie ci vivono dentro, ma occorre qualcosa di assolutamente casuale che le costringa ad uscire.

Qual è il messaggio insito nel libro?

Lo stesso messaggio che hanno tutti i miei libri, cioè che i romanzi non hanno messaggi, ma raccontano storie. Poi nelle storie ognuno trova quello che può essergli utile, ma anche se si gode la lettura e basta è già un buon risultato.

Quanto c’è di te nei tuoi personaggi?

Direi i luoghi: sono quelli della mia adolescenza. Sia il lago d’Orta, sia la valle Antrona.

Progetti futuri?

Sarò in libreria alla fine di maggio con un nuovo romanzo dal titolo La cena dei coscritti, sempre per Bottega Errante Editore. È la storia di tre amici anziani che in un paesino di montagna combattono contro il progetto di una diga. Poi è anche la storia di un libro. Infine è la storia di chi deve decidere se pubblicarlo. Un racconto a cerchi concentrici, ma tutti tornano là dove sono venuti.

Silvia Casini

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