L’animo di un principe

Eccomi di nuovo nel Fandom di Fantaghirò, sono nostalgica e vecchia ormai, lo so.

Qui ho voluto riagganciarmi al What if? Di Kamy in questa storia, per scriverne uno mio un po’ particolare. Di fatto, la storia partecipa al contest Pianeti tra le stelle indetto da Marika Ciarrocchi / AngelCruelty sul forum di EFP.

Tarabas giunge in modo misterioso a salvare Fantaghirò dal Senza Nome, mentre Aries (si vedo che non ho molta simpatia per lui) se ne va, lasciandoli soli e senza l’arma fondamentale per sconfiggere il mostro di legno: le termiti magiche.

Il finale è aperto perché il contest voleva che parlassi di una sconfitta non di una vittoria, per cui non potevo inserire un happy ending. Starà a voi immaginare se, e come, i nostri due se la caveranno.

Buona lettura!

Questa volta sarà lo stregone, non il principe, a salvarla…” pensò Tarabas (1).

Fantaghirò guardò lo straniero con aria perplessa, si chiese da dove fosse venuto e come mai nessuno lo avesse fermato.

Il Senza Nome non permetteva a nessuno di salire a bordo del proprio magico vascello, né tantomeno di abbandonarlo.

Lei aveva tentato, era riuscita a liberare tutti i bambini dalle grinfie di quel mostro cannibale, ma proprio quando aveva più bisogno di aiuto, Aries se ne era andato portandosi via le termiti magiche che avrebbero potuto sconfiggere il Senza Nome. È così a Fantaghirò era stata costretta a deporre le armi, e inaspettatamente risparmiata, era stata costretta a diventare sua prigioniera e sua sguattera e non osava ribellarsi per paura che il temibile Capitano della nave facesse male a Masala ed Ezela, i due ragazzini che l’avevano richiamata da un altro mondo con una radice dei desideri.

Tarabas restituì lo sguardo a Fantaghirò e fu dispiaciuto nel vedere in quei suoi occhi meravigliosi, l’ombra della sconfitta, della resa.

No, non era da Fantaghirò arrendersi, eppure questa era proprio lei, Fantaghirò, eppure allo stregone pareva diversa come se il peso di quel tradimento e dell’essere rimasta sola fosse troppo da sopportare.

“Ti ricordavo diversa, questa non più la Fantaghirò coraggiosa, determinata e ottimista che ho conosciuto… cosa ti hanno fatto? Come hanno fatto questo luogo a fiaccare il tuo spirito?” Chiese Tarabas con voce apprensiva.

“Chi siete? Come sapete il mio nome? Ci conosciamo? Io forse dovrei, ma purtroppo non mi ricordo di voi…” ammise Fantaghirò quasi dispiaciuta.

Fu la volta di Tarabas di sentirsi sconfitto.

Come poteva lei, la donna che lo aveva fatto cambiare per amore, non ricordarsi di lui. Lui, il più potente e malvagio stregone che aveva ceduto il suo regno oscuro, in cambio solo di un suo cenno, un suo sorriso, era stato dimenticato da Fantaghirò, dall’unica donna che avesse mai amato davvero.

“Mia dolce Fantaghirò, io sono Tarabas… Tu mi sfidasti tempo fa, per riportare in vita il tuo principe Romualdo, il tuo amore perduto e stregato dall’incantesimo del fiume.

Hai smosso le fate, gli alberi, i venti e i mari, persino la strega nera per trovarmi e, dal giorno in cui ci siamo incontrati, io ho deciso che avrei rinunciato al mio regno, alla malvagità e all’oscurità, a tutto pur di vederti felice”.

La dichiarazione di Tarabas mise ancora più in confusione la povera Fantaghirò, ora costretta a servire il Senza Nome, priva del ricordo del suo passato, e del suo regno. Tutto ciò che era stato prima che lei giungesse in quel mondo strano grazie al desiderio dei due bambini Ezela e Masala, era sparito dalla sua memoria.

***

Solo la radice magica poteva riportarla indietro ma quando Tarabas aveva interrogato Aries, questi gli aveva detto che quelle piantine e le loro preziose foglie non esistevano più.

“Il Senza Nome le ha fatte bruciare tutte…” aveva confessato il pirata controvoglia allo stregone.

Aries aveva consegnato nelle mani di Tarabas i tarli magici.

Gli unici esseri viventi in quel mondo, in grado di distruggere il mostro mangia-bambini, i tarli erano gli unici in grado di sbriciolare il legno di apalicandro, materiale di cui era quasi interamente composto il Senza Nome.

“Sono stato un vigliacco, lo ammetto. Non mi sentivo in grado di affrontare il Senza Nome, la probabilità di non uscirne vivo erano troppo alte, ma questo era prima…” ammise a fatica il viandante dagli occhi azzurri.

“Prima che capissi che lei contava qualcosa per me…” Aries deglutì mentre lo sguardo di falco di Tarabas lo inchiodava sul posto.

“Fantaghirò giurava di non ricordare nulla ogni volta che le domandavo, e io non pensavo che qualcuno tenesse tanto a lei da viaggiare tra i mondi per riprendersela…”

“Sei fortunato che io tenga molto a lei e che, in un’altra vita ormai, io le abbia promesso che non avrei fatto più del male a nessun essere vivente, perciò non ti ucciderò, né ti maledirò con la mia magia per averla lasciata sola, ma tu adesso mi aiuterai a fuggire con lei, siamo intesi?…”

“Intesi, ma potresti puntare la tua lama da un’altra parte? La mia gola te ne sarebbe grata…” Gli domandò Aries, con quel mezzo sorriso sghembo di chi sa di farla sempre franca.

***

E così, Tarabas era giunto tramite una fitta foresta tropicale al vascello indicato da Aries, seguendo la strada che costeggiava il lato più esposto al sole di quell’intricata selva.

Lo stregone sperava in cuor suo di non dover riaffrontare quella natura selvaggia e ostile, tanto fitta ed enormemente letale, come non ne aveva mai vista prima di allora nel suo regno.

Quello di Aries, dei bambini prigionieri del Senza Nome, e di quelle piante orribili, carnose e velenose, era un mondo dove Tarabas non sarebbe rimasto per nessun motivo.

Il suo unico scopo era salvare al più presto Fantaghirò e riportarla indietro, anche se questo avrebbe significato vederla nuovamente tra le braccia di Romualdo, il principe perfetto, il principe buono, quello che tutti i sudditi desiderano.

“Come vedete, ora non sono esattamente felice…” la voce di Fantaghirò riscosse Tarabas dai suoi pensieri.

“Ma chi vi ha detto dove trovarmi?” Domandò ancora Fantaghirò speranzosa, convinta che se avesse saputo di più forse avrebbe potuto ricordare il volto dello affascinante sconosciuto che ora le tendeva una mano.

Quell’uomo, Tarabas, non sembrava stesse mentendo, anzi, nei suoi occhi brillava una luce nuova, nobile, buona. Era impossibile da credere per Fantaghirò che lui potesse essere stato in qualche modo malvagio, in passato.

“Ho persuaso la strega Nera e così sono riuscito a riaprire il portale fra i nostri mondi, anche senza piante…” Confessò Tarabas.

“Piante? Portale? Strega Nera? Sono sicura che questi nomi dovrebbero dirmi qualcosa, ma nella mia mente c’è solo vuoto, nebbia e paura… Ho paura, non posso andarmene e lasciare qui i bambini nelle mani del mostro. Ezela e Masala contano su di me, sulla mia obbedienza al Senza Nome…” Fantaghirò abbassò gli occhi sconfitta e, per Tarabas, vederla così triste e fragile fu un colpo al cuore.

“Non avere timore Fantaghirò, io sono qui per te e non sono solo. Libereremo i bambini e fuggiremo. Troveremo la strada di casa.”

Lo stregone tastò il sacchetto contenente i piccoli esserini che avrebbero dovuto salvarli attaccando il senza nome e si sentì fiducioso, anche senza magia potevano farcela.

Aries avrebbe dovuto aspettarli poco lontano, pronto a salpare, con loro, verso un nuovo mondo: il regno Fantaghirò che, dai pochi frammenti sparsi carpiti a a Tarabas, sembrava così allettante e così diverso dal suo.

Con un sorriso furbo e soddisfatto, il viandante, che già una volta aveva tradito la principessa straniera Fantaghirò, estrasse dalla scarsella un piccolo fagotto contenente la piantina dei desideri con le sue foglioline verdi, nuove e rigogliose.

Con quella avrebbe potuto esaudire facilmente ogni suo desiderio e soddisfare così uno dei suoi sogni più grandi: viaggiare ed esplorare.

Forse avrebbe potuto anche diventare un principe o un Re, certo lasciare Fantaghirò gli dispiaceva ed era davvero una carognata da parte sua, ma Aries era tranquillo, c’era lo stregone con lei, non era sola. In qualche modo se la sarebbero cavata. Avrebbero sicuramente trovato la strada per ritornare al portale, anche senza nave…

“Ehi!” Disse ad un tratto Aries, tenendosi il fianco, come se qualcosa l’avesse morso.

“Buoni, state buoni… ora vi faccio uscire. Vi ho promesso del legno ed eccolo qua… Certo non è apalicandro, ma dovete accontentarvi…” Il giovane fece uscire le termiti magiche dal sacchetto e le liberò indirizzandole verso il vascello, quello che avrebbe dovuto essere il loro mezzo di trasporto per la fuga, il quale in poco tempo fu ridotto in pezzi e trucioli da quegli insettini innocui, ma alquanto voraci.

“E ora portami nel regno della principessa Fantaghirò…” disse Aries staccando una delle foglie dalla preziosa piantina, e masticandola, poi scomparve in uno sbuffo di vento magico.

***

“Maledizione!” Gridò Tarabas, sbattendo un pugno sul legno della paratia della nave del Senza Nome.

“Quel vigliacco mi ha imbrogliato! Ha osato prendersi gioco di me! Se solo potessi usare i miei poteri, gliela farei vedere…” Si agitò Tarabas spaventando Fantaghirò.

“Che cosa succede?” Chiese lei, temendo la reazione di lui.

“Succede che quell’uomo, quel pseudo pirata non è un uomo d’onore. Aveva detto di avermi consegnato le termiti per sconfiggere il Senza Nome e liberare tutti voi, mentre in realtà questi non sono che banali terminotteri, termiti coleottero, che non sono in grado di scalfire il legno di cui è composto quel mostro folle e cannibale.

“Mi dispiace” ammise Fantaghirò sottovoce, questa volta molto più che sconfitta, quasi rassegnata.

“Dovreste andarvene di qui, prima che lui ritorni. Io non vi conosco..

 Non so nulla di voi, ma percepisco che voi siete una persona buona e non voglio che quel vecchio pazzo vi faccia del male, come ne ha fatto ai bambini…” ammise Fantaghirò toccandogli un braccio e Tarabas non poté far altro che rammaricarsi guardandola.

Sentiva la responsabilità e il peso di quella sconfitta su di sé. Tarabas amava Fantaghirò, voleva salvarla, ma forse quel compito dopotutto non spettava a lui, non sarebbe mai spettato a lui.

“Non devi temere per me, io sono stato molto più terribile di qualsiasi mostro in questione, persino di questo Senza Nome. È per te che sono cambiato, è stata la forza del tuo amore a cambiarmi” ammise Tarabas, mentre il familiare dolore al petto per quel sentimento mai corrisposto si faceva sentire.

Fantaghirò arrossì, un po’ perché non lo conosceva, un po’ perché le sue parole erano forti e limpide e i suoi occhi avevano una luce particolare.

“Sarete anche stato un mostro, ma ora, i miei occhi vedono solo un animo buono, come quello di un principe…” Fantaghirò sorrise e a Tarabas non riuscì a non pensare all’unico principe che conosceva: Romualdo, l’unico amore di Fantaghirò.

Forse doveva essere proprio un principe a salvarla, non uno stregone come lui…” si disse a Tarabas offeso con se stesso, e adirato contro quel destino avverso.

Poi si udirono dei passi, suono di colpi più che altro, scricchiolii, legno contro legno, silenzio innaturale tutto intorno.

Fantaghirò e Tarabas si guardarono, e negli occhi di lei lui lesse il panico e si apprestò a proteggerla col proprio corpo, il quale anche se non possedeva uno scudo o una magia utile in quel mondo, era pur sempre meglio di niente, certo era molto di più che fuggire e lasciarla sola.

Il coraggio a Tarabas non era mai mancato.

Trattennero il respiro, la principessa e lo stregone, mentre la mente di Tarabas vorticava veloce per trovare una strategia di difesa.

Stava arrivando il Senza Nome e non era di buon umore…

Samanta Crespi

© Riproduzione Riservata

Note al testo:

(1) La frase in apertura non è mia, ma appartiene a questa storia su efp, che è stata scritta per me grazie ad una sfida in una challenge e, della quale, questa mia one shot vuol essere un continuo un po’ particolare.