La forma della voce: recensione

La forma della voce è un film diretta da Yoko Namada. L’anime tratta di tematiche forti e spesso sottovalutate: quella degli effetti del bullismo sulle vittime e la difficoltà ad accettare gli altri, ma soprattutto sé stessi. Il film è un percorso di redenzione che accompagnerà Shoya da quando è un bulletto che perseguita una ragazza sorda ad individuo emarginato a causa delle sue stesse azioni.

La trama, d’altronde, inizia con un gesto disperato: Shoya Ishida, il protagonista,  sta per saltare dal ponte per suicidarsi, ma all’ultimo desiste: è un ricordo lontano, eppure fondamentale, a trattenerlo alla via. Cinque anni prima, ai tempi della scuola elementare, nella classe di Shoya arriva Shoko Nishimiya, una ragazza sordomuta: l’accoglienza dei suoi compagni da timida diviene in breve tempo ostile. Per quanto Shoko si sforzi di essere gentile e disponibile con tutti, un gruppetto, capitanato da Shoya, si accanisce contro di lei. Cinque anni dopo Shoya ancora non è in grado di darsi pace per i torti inflitti a Shoko, anche perché la conseguenza delle sue azioni passate è la totale solitudine.

Iniziamo ad analizzare le azioni stesse di Ishida, partendo dall’infanzia: è un bambini con una madre single che deve badare a lui e la sorella maggiore (passato che condivide con Nishimiya). L’assenza di un’altra figura genitoriale ha creato un sentimento di ribellione nel ragazzo. Quando arriva Shoko in classe, Ishida ne è attratto, ma subito inizia a perseguitarla, non riuscendo a capire il problema della bambina. D’altronde, la gente tende ad odiare ciò che non riesce a comprendere. Naturalmente Shoya non è l’unico che compì atti di bullismo verso la bambina: anche i compagni di classe sono colpevoli, sia per l’indifferenza sia per l’azione, ma quando la verità sia saltata a galla e Shoko sia stata costretta a trasferirsi, hanno deciso di trasformare Shoya nel capro espiatorio, lavandosi le mani delle loro colpe. Inizia quindi un giro “karmico” nei confronti del protagonista, dove soffrirà le stesse angherie subite da Shoko, fino a spingerlo a pensieri suicidi.

Tutti gli altri personaggi della storia hanno un handicap: non vedono e non sentono. Ovviamente solo in senso figurativo, ma a volte pare che i cosiddetti “normali” siano persone disagiate.

Iniziamo con il flashback scolastico: l’insegnante sembra essere totalmente indifferente alla situazione scolastica, assumendo solo un ruolo autoritario quando si scopriranno gli episodi di bullismo. Scena abbastanza grottesca è quando si cerca di inserire Shoko con gli altri, senza realmente tenere conto della sua condizione e delle sue necessità. Per dire, viene inserita nel coro della classe, senza insegnarle realmente come adattare la sua sordità alla musica ( ci sono, seppur rari, cantanti sordi ed ovviamente hanno imparato a cantare basandosi su altri metodi, come ad esempio le vibrazioni ed il controllo dei muscoli. Vedere la cantante Mandy Harvey). Insomma, la scuola cerca di integrare, senza però avere i mezzi reali per farlo.

Ciechi e sordi sono anche i compagni di classe che vedono Shoko come diversa e non riescono ad immedesimarsi nella sua situazione. Una in particolare, Naoka, risulta particolarmente odiosa e meschina. Detesta Shoko perché secondo lei, denunciando gli atti di bullismo, ha rovinato la sua amicizia con Shoya; ma di fatto, quando lei poteva difenderlo, assumendosi parte della responsabilità,  preferì abbandonarlo. Poteva proteggerlo dagli atti di bullismo, ma rimase indifferente.

Naoka odia Shoko perché non la capisce; si rivela cieca davanti alla situazione. Vuole che Shoya ritorni il solito bulletto delle elementari, forse nostalgica di quell’amicizia perduta, e si dimostra sorpresa dal suo atteggiamento maturo. Naoka rappresenta l’ottusità del mondo davanti a ciò che consideriamo “diverso”.

Un altro personaggio irritante è Miki Kawai, una ragazzina in apparenza perfetta e dolce, ma che si rivela spesso vittimista, negando  il suo coinvolgimento negli atti di bullismo a danni di Shoko, sebbene seguisse il gruppo deridendola alle spalle. Insomma, un personaggio egoista ed ipocrita, forse peggiore di Naoka.

Tutti i personaggi hanno delle colpe, ad eccezione del nuovo amico di Shoya, Nagatsuka (il ragazzo cicciottello dai capelli verdi e ricci) e Shoko.

Elemento interessante sono le X presenti sui volti dei personaggi che Shoya disprezza o di cui ha paura. Non a caso, Naoka avrà il volto “censurato” proprio per sottolineare l’odio ed il disagio che il protagonista prova nei suoi confronti.

Shoya è incapace di guardare le persone negli occhi, temendo le loro reazioni, ma anche considerando sé stesso indegno dell’attenzione degli altri. Solo alla fine, lui si perdonerà, aprendosi finalmente al mondo.

Eros e Thanatos sono altri elementi importanti. La morte è sempre presente: con i tentativi di suicidio di Shoko e Shoya, ma anche con l’odio e le azioni distruttive degli altri personaggi.

L’Eros, invece, non è solo l’amore romantico, ma anche il sentimento di cura ed accettazione verso il prossimo.

Altra scena memorabile, è quando Shoko cerca di dire “Ti amo” a Shoya, usando la sua voce. Ovviamente, non sapendo parlare correttamente, Shoya non capisce il senso della parola, creando una situazione imbarazzante. Questo è un punto fondamentale della storia per due motivi: il primo mostra l’evolversi dei sentimenti tra i due personaggi. Il secondo mostra il tentativo di comunicare e le difficoltà che questa azione potrebbe incontrare.

Altra scena simile, è quando Shoko manda  dei messaggi sul telefono di Shoya,  ringraziandolo per ciò che sta facendo. Nonostante sia una scena muta, Shōko sta comunicando direttamente con Shōya, sottolineando come sia facile parlare, nonostante ci siano diversi modi per farlo.

Due pecche: la scena del risveglio dal coma è inverosimile e forzata. Sappiamo bene che la gente che esce da tale stato non è subito in grado di camminare né tanto meno è assicurato che abbiano tutte le funzioni celebrali intatte.

La sorella di Shoya non viene mostrato e pare strano, dato che il marito e la figlia sono invece presenti. Pare abbastanza assurdo che nella vita del ragazzo vengono coinvolte nipote e madre, ma non la sorella maggiore.

In conclusione, La forma della voce è, a nostro parere, un film da mostrare nelle scuole, non solo per la sua profondità, ma anche per il realismo delle tematiche trattate.

 

Debora Parisi

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