La casa in fondo al lago: recensione

Coniugare paura degli abissi con quella dei fantasmi non è cosa comune per ogni horror come si deve, anzi spesso e volentieri abbiamo visto titoli che trattavano o l’una o l’altra di fobia, a parte sporadiche eccezioni (un recente esempio è l’europeo Sea fever – Contagio in alto mare); l’accoppiata francese Alexandre Bustillo e Julien Maury, visionari esperti del cinema splatter usciti fuori con Inside – A l’intérieur e poi responsabili del prequel Leatherface (genesi del serial killer nato con Non aprite quella porta), decidono ora di poter mettere in scena una pellicola capace di infondere la paura dell’acqua con quella delle presenze demoniache, miscelando i due elementi con una trama che possa dar giusta vita a tutto ciò.

Ecco quindi che prende luce il qui presente La casa in fondo al lago, un titolo che non lascia nulla al caso e che parla proprio di un’abitazione immersa in un lago dove nessuno sembra sia mai riuscito ad andare; nessuno tranne i due protagonisti interpretati da Camille Rowe e James Jagger, una coppia di esperti in luoghi maledetti e abbandonati, il cui passatempo è quello di riprendere i resti di queste case abbandonate e documentarle nel loro sito internet specializzato.

La prossima avventura che spetta ad entrambi è quello di andare in Francia, nel bel mezzo di un lago, dove è situata un’abitazione sottomarina in cui sono successe cose misteriose, eventi di cui in pochi sono a conoscenza e che si celano tra le mura e le acque di quel posto.

Una volta entrati nella casa i due escursionisti si renderanno conto però che non sono soli, avendo risvegliato una forza misteriosa capace di portare morte e maledizione.

A parte il concetto di voler mischiare spettri e fondali acquatici, il film di Bustillo e Maury non sembra voler aggiungere altro a riguardo, portando in scena una narrazione incentrata sulla lunga immersione svolta dalla coppia protagonista e atta a mostrare quanti più dettagli a riguardo, creando un determinato realismo nei confronti dello spettatore.

Ed è proprio sotto questo aspetto che poi La casa in fondo al lago perde ragion d’esistere, anche perché l’entrata in scena di spettri e fantasmi, per quanto spaventosa e ben congegnata, risulta abbastanza fuori luogo e portata ad un livello gratuito di contestualizzazione, sviando così i risultati finali verso un risultato a dir poco altalenante e approssimativo.

Difatti nella sua ora e venti scarsa di durata questa pellicola ha poco da mostrare, si lascia vedere con molta semplicità ma con altrettanta facilità tronca la sua visione, regalando un finale banalmente scontato e impossibile da immaginare per la sua secchezza (peggio ancora è dopo i titoli di coda).

A modo suo questa pellicola sembra più essere un esercizio di stile fine a se stesso, dove si mette alla prova la possibilità di girare un horror totalmente subacqueo, senza aver però calcolato se si riesce a narrarlo con altrettanta destrezza.

All’accoppiata Maury/Bustillo quest’ultimo aspetto non è venuto bene davvero, relegando La casa in fondo al lago come un titolo a dir poco mediocre e senza ragion d’esistere, dimenticabile anche come pellicola dell’orrore ambientata sott’acqua.

Mirko Lomuscio