Il regno del pianeta delle scimmie: recensione

A sette anni dall’ultimo capitolo dedicato alla saga reboot de Il pianeta delle scimmie, le creature nate dalla mente di Pierre Boulle nel 1963, riadattate per quest’occasione dal duo Amanda Silver e Rick Jaffa, tornano in un nuovo capitolo con un’ambientazione antecedente alle vicissitudini vissute da Charlton Heston nel noto film di Franklyn J. Schaffner del ’68 (o da Mark Wahlberg nel discusso remake di Tim Burton targato 2001).

Ed è con la regia del Wes Ball della Maze runner trilogy che prende vita il qui presente Il regno del pianeta delle scimmie, un ulteriore sguardo verso la fascinazione di questo universo fantascientifico che parla ancora e sempre di scontro tra culture diverse, prendendo a confronto il mondo dei primati rigenerati con quello degli umani, ora divenuti reietti di una terra che si è resa più selvaggia e primitiva, lontano dalla civiltà che conoscevano.

Siamo a trecento anni dalla morte del valoroso Cesare, la cui filosofia di vita ha spinto molti suoi simili a creare regni ed imperi sovrastanti, con l’idea di colonizzare i piccoli villaggi che non hanno intenzione di sottostare a determinate leggi.

Tra questi luoghi c’è quello in cui vive il giovane scimpanzé Noa (Owen Teague), il quale di punto in bianco dovrà intraprendere un lungo viaggio; il compito è quello di ritrovare i suoi cari, presi prigionieri dalle guardie dell’imperatore Proximus Caesar (Kevin Durand), dopo che queste hanno saccheggiato il villaggio di Noà stesso.

Nell’inseguire i suoi aguzzini quest’ultimo incontra l’umana Mae (Freya Allan) e l’orango Raka (Peter Macon), e uno affianco all’altro intraprenderanno una lunga traversata dove sarà possibile scoprire nuovi eventi per le loro razze.

Saga prequel che di film in film, tra picchi e belle sorprese, è riuscita a fare la differenza in questa epoca fatta di serializzazioni blockbuster fini a se stesse, possiamo confermare con questo Il regno de il pianeta delle scimmie che l’opera nata nei ’60 da Boulle con grande fantasia, ma anche un acuto senso di metafora dei tempi che viviamo, può ritenersi più che rispettata, grazie innanzitutto alla già convalidata armonia, dei capitoli precedenti, che c’è tra racconto e CGI, la quale fa vivere perfettamente questi uomini scimmia con una resa tecnica splendida, senza far notare alcun utilizzo di effetti speciali e creando molteplici personaggi primati dall’espressività magnifica, qua dotati anche di una lingua parlante.

Il regno del pianeta delle scimmie è una più che appagante avventura futuristica pregna di fascino e ritmo, dove sempre più approfondiamo elementi cari a questo universo e facciamo la conoscenza di un protagonista funzionale come il giovane Noa, reso magnificamente nelle movenze e nella mimica da un bravo Teague.

Seppur senza toccare i picchi dei primi due capitoli di questa saga prequel, ma andando meglio del precedente The war – Il pianeta delle scimmie, il buon Ball trascina la propria pellicola con un approccio giusto e rispettoso, permea la narrazione di altri personaggi e contesti che sprizzano significati e significanti (lo stesso Raka di Macon come anche l’umano studioso interpretato da William H.Macy, un uomo abbassato al volere di Proximus) e ci porta verso un epilogo sentito e, a tratti, prevedibile, ma essenziale per ciò che fan e appassionati dell’opera di Boulle vogliono da un film del genere.

Forse si potrebbe trovare una certa stonatura nella scelta della Allan come personaggio umano principale, la cui bellezza eccessiva e fatta su misura stona col contesto primitivo del caso (ricordate Estelle Warren nel remake di Burton?), ma in fin dei conti un dettaglio di poco conto, calcolando che ci troviamo di fronte ad un nuovo capitolo fatto di epicità e avventura, ben al di sopra della media dei prodotti multimilionari che girano ad Hollywood oggigiorno.

Mirko Lomuscio