Husk: recensione

Benvenuti a un nuovo episodio videoludico, dopo l’avventura “licantropesca” con Moonlit Grove, ci ritroviamo nella tetra nebbia di Shivercliff. Un posto veramente fantastico per chi ama il brivido e la solitudine, un tantino in meno per chi ha paura dei mostri. Stiamo parlando di Husk, pubblicato da Adventure Production (già noti per aver pubblicato la serie di Shiver) e sviluppato dall’UndeadStudio.

La storia narra di un uomo che si reca con la sua famiglia a Shivercliff, per dare un ultimo saluto al padre, malato terminale. A seguito di un incidente ferroviario, il protagonista si ritrova da solo, in una città deserta, popolata da terribili creature umanoidi. Vi ricorda qualcosa?

In effetti le similitudini con Silent Hill sono molte, così come l’atmosfera. A differenza però della famosa saga videoludica, non abbiamo alternanze di realtà. Ne esiste solo una e basta.

A livello di meccaniche di gioco, non aspettatevi sempre armi e munizioni: la filosofia di Husk tende più verso la modalità “stealth”, quindi dovrete spesso correre disarmati, inseguiti da rari mostri carnivori. In certi aspetti ricorda Soma, ma a differenza di esso, potremmo ogni tanto impugnare armi per affrontare i nemici. Il gioco però presenta anche alcune situazioni inverosimili, tipo nella “modalità morte”, il personaggio insulta la creatura prima di morire oppure ricarica l’arma durante il decesso.

Il gioco inoltre presenta alcuni bug che potrebbero essere stati evitati, soprattutto nella stazione della polizia, dove bisognerebbe sparare alla creatura.

Parlando l’atmosfera, si respira il senso di solitudine che avvolge la città: a parte il protagonista, non sembra esserci nessun umano a Shivercliff. Non lo definirei esattamente un survival horror, in quanto ha pochi nemici o situazioni in cui bisognerebbe salvarsi. Pare più un’avventura interattiva di terrore, con qualche combattimento sporadico.

Parlando di trama, la tematica della violenza domestica è uno dei punti forti della storia. Una realtà terribile quanto celata. Tutti noi possiamo diventare dei mostri e nel caso di Husk, la faccenda sembra ereditaria.

In conclusione, Husk è un figlio di Silent Hill? In parte sì, in parte no. Manca lo spirito di un vero survival, sebbene abbia un’ambientazione che suscita ansia e presenterebbe il fattore “psicologico” che caratterizza Silent Hill.

 

Debora Parisi

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