Grazie ragazzi: recensione

In principio c’è la storia vera di un attore svedese di nome Jan Jönson, il quale nel 1985 mise in scena una particolare versione teatrale dell’opera Aspettando Godot di Samuel Beckett, facendola interpretare ad un pugno di carcerati della prigione di Kumla; tale esperienza ispirò poi nel 2020 un’opera francese intitolata Un anno con Godot, diretta da Emmanuel Courcol ed interpretata dal Kad Merad di Giù al Nord.

Ora è la nostra Italia che si prende la briga di trasporre tale storia, utilizzando per protagonista un intenso Antonio Albanese e facendola dirigere al Riccardo Milani di Come un gatto in tangenziale e Benvenuto presidente!; con Grazie ragazzi possiamo quindi assistere alla vicenda dell’attore di nicchia Antonio (Albanese), un uomo che per vivere realizza doppiaggi per film porno.

Un giorno il suo amico di vecchia data Michele (Fabrizio Bentivoglio) gli offre un’occasione di lavoro particolare; insegnare recitazione ad un gruppo di detenuti in un carcere romano.

Inizialmente scettico, Antonio si lascerà trasportare da tale esperienza con grande convinzione, facendo la conoscenza di alcuni prigionieri che potrebbero dare il meglio di se stessi sul palco di un teatro.

L’idea del loro insegnante è quella di realizzare una trasposizione di Aspettando Godot di Beckett; il lavoro sarà duro ed intenso, ma Antonio decide di arrivare fino in fondo con i suoi allievi, tra cui c’è il complicato Diego (Vinicio Marchioni), andando addirittura incontro alla rigidità della direttrice del penitenziario, Laura (Sonia Bergamasco).

Fondendo cinema sensibile a senso dell’intrattenimento, Grazie ragazzi di Milani è un sottile lungometraggio che vive di pura recitazione ben congegnata e livellata, che mette in mezzo un immenso Albanese circondato da interpretazioni ben calibrate rese dal gruppo di attori secondari scelti nei panni dei detenuti (oltre al buon Marchioni, anche i ben assortiti Giacomo Ferrara, Giorgio Montanini, Andrea Lattanzi. Gerard Koloneci e Bogdan Iordachioiu); ed è sulla recitazione che il titolo in questione si uniforma, dedicando un intenso racconto pregno di sentimenti e di occasioni perdute al centro di un trattato umano e umanista volto a guardare con occhio diverso il mondo delle prigioni.

Certo Milani tende ad affondare quest’ultima tematica con fare fin troppo facile e diretto, tanto da dedicare ad Albanese un intenso monologo riguardo ad essa, ma ciò che spicca maggiormente qua è come l’importanza del teatro e della buona recitazione siano il fulcro di un certo miglioramento dell’arte di vivere, vista metaforicamente attraverso le parole scritte di questa intensa storia ricca di emozioni.

Emozioni che davvero non mancano, lasciate in mano al protagonista Albanese, attore di indubbio talento che qua mostra un’ennesima ispirata vena malincomica, e che trasportano lo spettatore nel sensato messaggio di vita e libertà che si traspare tra le righe amare di una esistenza all’apparenza comune, resa in questo film da personaggi secondari quali sono l’attore venduto ed egocentrico ricoperto da Bentivoglio o dalla apparente rigida direttrice della Bergamasco.

Se si tratta di elevare l’importanza del teatro e della recitazione in sé, Grazie ragazzi allora colpisce nel segno, portando al cospetto degli spettatori italiani un lungometraggio che possa trainarli nel valore delle parole recitate e delle ottime interpretazioni.

Mirko Lomuscio