Ghost in the shell: recensione

Tratto dalla celebre serie manga Ghost in the shell dell’artista Masamune Shirow, da cui sono stati tratti i due film di animazione Ghost in the shell (1995) e Ghost in the shell – L’attacco dei cyborg (2004) entrambi diretti da Mamoru Oshii, il regista Rupert Sanders realizza l’omonimo live action in sala da oggi, 30 marzo 2017, dove nel cast troviamo Scarlett Johansson, Juliette Binoche, Takeski Kitano, Michael Pitt e Sam Riley.

Attraverso la riproduzione fedele della serie cyberpunk thriller fantascientifica, Ghost in the shell è ambientato in un Giappone dove l’ingegneria robotica e le nano macchine (micromachine) appartengono alla quotidianità, gran parte degli uomini sono connessi a una rete a cui possono accedere mediante terminali fisici e impianti situati nel loro stesso cervello utilizzando così la memoria con l’elasticità di un computer cancellando eventi e creandone di nuovi.

Alcuni uomini sono diventati completamente cyborg differenziandosi dai robot, poiché possiedono il cervello che gli permette di sentire emozioni e sensazioni particolari. In questo scenario futuristico l’agente speciale Major (Scarlett Johansson), un ibrido tra cyborg e umano, unica nel suo genere, guida il reparto speciale della polizia la Sezione 9, task-force specializzata nella risoluzione di crimini informatici e tecnologici, nell’affrontare un nuovo nemico capace di penetrare nelle menti cibernetiche assumendone il completo controllo.

Durante lo scontro Major verrà a conoscenza della sconcertante verità sul suo passato facendo così vacillare ogni certezza sulla sua esistenza.

Da un punto di vista estetico, nello scenario giapponese la fotografia cupa in contrasto con i colori sgargianti della grande città di Tokyo, contribuisce a creare tensione, mentre a livello narrativo, i personaggi sono ben delineati e caratterizzati dalle loro azioni.

Non si può non notare il conflitto eterno tra uomo e macchina, elemento protagonista dell’opera, in cui viene esasperata una società dalla tecnologia così avanzata da simulare perfettamente l’individuo vivente annullandone la volontà e facendo riflettere così sulla possibile creazione di un consorzio umano assuefatto alle novità hi-tech e interamente privo di sentimenti, emozioni e di anima.

 

Emanuela Giuliani

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