Dungeons and Dragons: l’onore dei ladri – Recensione

Nel vasto regno ludico del mondo dei giovanissimi (e oltre età) non c’è cosa più di culto e immortale del noto gioco di ruolo Dungeons & Dragons, uno dei passatempi più ambiti dagli amanti del fantasy creato nel 1977 da Gary Gygax e Dave Arneson, capace di far passare ore di divertimento immersi in immaginifici mondi, tra fantasie personali e passioni che hanno radici di matrice tolkienana, in mezzo a maghi, elfi e creature di altri universi pronti a prendere forma nella mente dei creativi giocatori coinvolti.

E con questa premessa e reputazione, inutile dire che il cinema non ha potuto fare a meno di trasporre una pellicola che fosse all’altezza della situazione, dopo che anche cartoni animati e fumetti sono stati dedicati a tale gioco di ruolo; un’operazione filmica è stata già portata quindi nel 2000, un fallimentare B-movie diretto da Courtney Salomon, uscito anche in sala, che ha dato vita ad altri due sequel buoni per lo straight to video (diretti entrambi da Gerry Lively), ma nonostante questi passati, ora, nel 2023, si è pensato bene di ridare un’altra possibilità sui grandi schermi per questo noto passatempo creativo.

Con la sua dimensione di blockbuster ecco quindi spuntare in sala Dungeons & Dragons: l’onore dei ladri, una costosa opera fantasy atta a dover aprire le porte per una nuova saga cinematografica tutta da seguire, utilizzando per protagonisti un gruppo di personaggi immaginifici, ma simpatici quanto bastano per rendere la visione divertente.

Loro sono il ladro Edgin (Chris Pine), la sua compagna di lavoro Holga (Michelle Williams), più il maghetto Simon (Justice Smith) e la mutaforma Doric (Sophia Lillis), abitanti di un regno magico e fatato che dovranno attraversare una lunga traversata per impedire a forze malvagie di portare a compimento un piano diabolico; infatti Edgin, dopo aver scontato una lunga pena e aver rivisto sua figlia Kira (Chloe Coleman) più l’ex socio in affari Forge (Hugh Grant) e la potente maga Sofina (Daisy Head), decide di affrontare la più importante delle sfide, in modo da poter riavere indietro ciò che la vita gli ha tolto e rivivere felicemente come una volta.

Tra mostri di rara rozzezza, draghi obesi e incantesimi sia oscuri che assurdi, i nostri eroi attraverseranno una serie di peripezie scavezzacollo, con l’unica certezza di non tornare mai indietro e di non fermarsi davanti a nessun ostacolo, perché dalla loro parte, oltre al coraggio, c’è anche l’ingegno di trovare una qualsiasi soluzione ad ogni problema.

A dirla tutta, un’altra trasposizione cinematografica di questo noto gioco di ruolo lasciava pensare chissà a quale altra disastrosa operazione potesse venir fuori, data la voglia sfrenata di oggi di creare reboot e riavvii filmici senza una giusta ispirazione; eppure questo Dungeons & Dragons: l’onore dei ladri, diretto dal duo John Francis Daley e Jonathan Goldstein (registi delle commedie Come ti rovino le vacanze e di Game night – Indovina chi muore stasera?), in mezzo a questa suddetta mancanza di ispirazione che inonda la cinematografia odierna, riesce a difendersi bene, regalando più di un paio d’ore di sano intrattenimento e gettando semi di buon umorismo in mezzo ad un contesto fantasy simil Signore degli anelli.

Non siamo di fronte ad una parodia vera e propria, ma poco ci manca, solo che Dungeons & Dragons: l’ordine dei ladri è quell’appassionato prodotto che i fan del noto gioco di ruolo meritano, tra battute ad effetto e parentesi ammiccanti all’ingegno ludico che si cela dietro al mondo creato dal duo Gygax/Arneson, sfruttando appieno un pugno di protagonisti ben assortiti, dove spiccano un Pine faccia da schiaffi e una sempre rude Rodriguez, senza dimenticare l’apporto di un Grant, sì improbabile, ma proprio per questo adatto per il tipo di prodotto qua esposto.

Inutile negare che il maggior punto di riferimento per questo Dungeons & Dragons: l’onore dei ladri sia I guardiani della Galassia, perché Dailey e Goldstein alla fine qua fanno del cinema fantasy quello che James Gunn ha fatto dello sci-fi e del cinecomic, infarcendo di umorismo ammiccante ogni singola frase dei loro protagonisti; e ciò è cosa molto buona, perché in fin dei conti si assite ad un’avvincente opera pregna di sano umorismo e senso dell’avventura, con momenti esilaranti (la scena dei morti viventi, l’inseguimento del drago “formoso”) ma anche arguti riferimenti alla matrice ludica che c’è nella natura del tutto.

E ben venga una nuova saga da questa divertente operazione di restyling.

Mirko Lomuscio